Il 3 Settembre 1989 moriva in Polonia Gaetano Scirea
Gaetano Scirea
Gaetano Scirea

Sono passati 25 anni da quando Gaetano Scirea se ne è andato su una maledetta strana polacca. Troppo improvvisamente per non lasciare il tormento che sanno regalare solo le vigliaccate che ogni tanto fa il destino, ma non così presto da non lasciare una traccia vergata a caratteri indelebili anche ora che il nostro calcio sembra aver toccato il fondo del barile cercando di raschiare ancora senza conoscere limiti verso il basso. Ma chi è ancora Gaetano Scirea per chi l’ha conosciuto e per chi invece deve accontentarsi degli aneddoti riportati da altri? Libero e gentiluomo. La definizione più raffinata di Gaetano Scirea porta la firma di un maestro come Darwin Pastorin in un libro di qualche anno fa ma che vale la pena di continuare a leggere e rileggere. Perchè Gaetano Scirea era il calcio come il calcio dovrebbe essere. Elegante persino nella corsa, leggeva il gioco prima degli altri anticipando e chiudendo con sublime tempismo, impostava l’azione e all’occorenza la chiudeva in prima persona.  Un mostro come Baresi era costretto ad accomodarsi in panchina per lasciargli spazio in campo: non serve aggiungere altro. Mai un fallo cattivo, mai una reazione, neppure un cartellino rosso in oltre 500 presenze: semplicemente perfetto. Giampiero Boniperti arrivò ad offrirgli un bonus qualora lo avesse visto  tirare almeno una volta un calcione ad un avversario. Ma non ci fu mai bisogno di pagare quel premio speciale.  Quando non rincorreva un pallone o un avversario manteneva lo stesso stile. Non c’è un solo commento che ne macchi l’immagine, il ricordo è conservato da un coro unanime che si alza dolcemente. Perchè come insegnava lui, non c’è bisogno di gridare quando si dicono o di fanno le cose giuste. Se ne è andato esattamente venticinque anni fa, 3 Settembre 1989, in un assurdo incidente stradale mentre era in Polonia per seguire come osservatore della  Juventus una gara dei futuri avversari in Coppa. Enzo Bearzot disse che sarebbe stato giusto ritirare la sua maglia numero 6: nessun altro lo avrebbe meritato come lui, ma forse proprio Scirea non sarebbe stato d’accordo. Non gli piacevano le celebrazioni eclatanti, non aveva bisogno di stare in prima fila per sentirsi importante. E poi gli esempi si seguono, non si ripongono in bacheca. Quella maglia deve essere onorata in campo. Innanzitutto da chi indosserà il numero sei sulle spalle: se ne ricordi prima di sputtanarsi per una reazione, una polemica, un fallaccio o una simulazione. E sarebbe bene che se ne ricordassero anche tutti gli altri. Non è mai troppo tardi per fare del calcio quello che il calcio dovrebbe essere. Il calcio di Gaetano Scirea.

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