[oblo_image id=”1″]La stragrande maggioranza di noi esseri umani è abituata ad utilizzare uno strumento di valida utilità come l’ombrello, per ripararsi dalla pioggia o in certi casi dalla neve e, se non ricordo male, è anche d’uso consueto per le donne del Sol Levante per non far filtrare i raggi del sole. Ma credo che pochi di voi che vivete in città normali, a breve capirete cosa intendo, lo avete mai aperto per ripararvi da pietre cadute dal cielo.

Non preoccupatevi non è cominciata la fine del mondo, ma io ho la fortuna/sfortuna di essere nato e vivere in Sicilia e con precisione  a Giarre, una piccola cittadina in provincia di Catania, alle pendici del più grande vulcano attivo d’Europa: l’Etna.

Ed è proprio “la montagna”, come la chiamiamo noi in modo affettivo, a riversare sulle città cenere e roccia vulcanica quando la sua attività effusiva si fà più consistente. Beh, è una cosa che non capita spesso, anche se ultimamente ho la vaga impressione che questa abitudine stia diventando la normalità.

Lo spettacolo fornito da queste manifestazioni naturali è bellissimo ed attira una miriade di turisti da tutte le parti del mondo ed inoltre la pericolosità di questi fenomeni è molto limitata e riguarda solamente la parte sommitale del vulcano stesso, ma i disagi causati da queste vere e proprie piogge di cenere sono altissimi e non sempre facili da limitare.

La più recente fase eruttiva con fuoriuscita di cenere risale allo scorso 4 settembre, quando l’Etna ha dato vita ad una attività di tipo stromboliano con una fontana di lava ben alimentata in risalita dal cratere di sud-est. La cenere espulsa dal vulcano si è riversata per ore su tutta la costa ionica e sui paesi pedemontani, creando uno strato sottile ma impervio di sabbia sull’asfalto con il conseguente rallentamento delle normali attività quotidiane.

Inizialmente la cosa può destare anche il sorriso degli abitanti delle zone colpite da questo particolare fenomeno, ma le difficoltà sono dietro l’angolo e non sempre si hanno i mezzi necessari per farne fronte.

Naturalmente è la circolazione stradale a subire immediatamente una serie di ripercurssioni, con la crescita degli incidenti causati da un asfalto reso scivoloso dalla coltre che lo ricopre. Certo la mattina dopo siamo tutti in strada con scope e ramazze per liberare il nostro spazio e sporcare quello attiguo per tentare un lento ritorno alla normalità, ma è l’amministrazione comunale ad avere sia le responsabilità, sia le difficoltà maggiori.

Il nostro, essendo un comune del profondo sud Italia, ovviamente non ha quella visibilità pubblica nazionale e quegli aiuti da parte dello stato che altre municipalità avrebbero sicuramente avuto, ed inoltre dopo aver chiesto lo stato di calamità naturale, quello che servirebbe a garantire un minimo di sopravvivenza arriva dopo anni.

I mezzi messi in campo per affrontare la pioggia di cenere del 4 settembre hanno dovuto sostenere le richieste di tutta la cittadinanza con conseguenti ritardi nei lavori e il ralentamento degli stessi.

Ma mi chiedo anche se dopo settimane si è provveduto alla rimozione della cenere presente ancora nelle strade, si  è pensato alle caditoie per la raccolta della acque piovane, sicuramente intasate, che rappresentano il problema più serio che si dovrebbe affrontare, dato il dissesto idrogeologico del nostro territorio e il rischio alluvioni?

Inoltre da anni si parla di dotare l’aereoporto internazionale Fontanarossa di Catania di un radar che possa guidare i velivoli anche in condizioni di estremo disagio, come può essere una nuvola di cenere in avvicinamento, ma si è provveduto seriamente a farlo?

Dalle informazioni che sono in mio possesso tutte queste mie domande hanno solo una risposta negativa e questo a causa della nostra capacità di saperci autocommiserare e non fare nulla per risollevare la testa da soli,ed anche perchè simili eventi naturali non sono mai facili da prevedere ed affrontare non essendo all’ordine del giorno e quindi noi come popolazione pur abituati a convivere con un vulcano siamo sempre impreparati di fronte a simili calamità.

Mi duole doverlo ammettere, ma dobbiamo imparare a convivere con queste difficoltà e sperare che l’attività dell’Etna resti sempre circoscritta a livello sommitale, sia fonte di turismo e spettacolo e che non si trasformi in una tragedia di cui sapevamo l’esistenza ma della quale facevamo finta di ignorare le conseguenze.

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