Valzer con Bashir
di Ari Folman
Israele, 2008
Nomination: miglior film straniero

Ogni popolo ha una macchia nella propria storia. I tedeschi hanno l’Olocausto, gli americani lo sterminio dei pellerossa, i turchi il genocidio degli armeni. Anche gli israeliani, pur violentati nella loro anima più profonda prima ancora di essere Stato, ma non più di 70 anni fa, si sono macchiati di una vergogna degna di tal nome. Anzi, due nomi: Sabra e Chatila.

Il massacro compiuto tra il 16 e il 18 settembre del 1982 dai cristiani maroniti ai danni dei civili palestinesi nei campi profughi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beirut, come rappresaglia per l’assassinio del presidente libanese Bashir Gemayel, è una pagina di storia molto controversa. Quello che si sa per certo è che l’esercito israeliano, alleato dei maroniti e schierato in assedio dei campi, nulla fece per fermare l’eccidio di centinaia di palestinesi, per la maggior parte donne e bambini. Ordini superiori, si disse. Ma una coscienza non obbedisce agli ordini. E se lo fa, ne resta segnata per sempre.

“Valzer con Bashir”, candidato israeliano all’Oscar per il miglior film straniero e recente vincitore del Golden Globe nella stessa categoria, è un film coraggioso. Perché scava senza pietà nell’anima di chi, soldato israeliano, nel settembre 1982 era a Beirut. E per non morire, ha ucciso tutti i ricordi che aveva di quei tre giorni. Ari Folman, il regista, usa addirittura se stesso, e la sua storia, per disegnare sullo schermo la tragedia intima di chi si sente impotente di fronte a qualcosa di incomprensibile e allo stesso tempo inevitabile. Perché “gli ordini sono ordini. E noi ci limitiamo ad eseguirli”.

Paura, smarrimento, vergogna. Sentimenti che piano piano appaiono tra le sequenze disegnate (è un film di animazione, ancora non ve lo avevamo detto) con la potenza del tratto che via via riporta Folman indietro nel tempo, a ricostruire attraverso i ricordi di ex commilitoni e di testimoni oculari cosa davvero avvenne quel giorno. Senza alcuno sconto per se stesso, né per chi quegli ordini li impartì. Un vero, spietato processo di psicanalisi che poco alla volta farà emergere la realtà, che arriverà violenta e come uno schiaffo davanti ai suoi occhi. E non solo ai suoi.

Con tutto il rispetto per Garrone e Gomorra, chiunque abbia reagito con disappunto all’assegnazione del Golden Globe a “Valzer con Bashir” se lo vada a vedere. E non solo per l’ottima fattura e per la capacità analitica della mente umana disastrata dalla guerra (per inciso, Folman è autore della versione originale israeliana del serial “Intripment”, in onda in Italia su Sky, fedele riproduzione soggettiva di tutto ciò che accade nello studio di uno psicanalista. Si vede che non è alle prime armi). Se lo vada a vedere, perché c’è sempre da imparare qualcosa da chi sa leggere così a fondo dentro se stesso. I popoli continueranno ad avere macchie. Ma molte persone in più impareranno a riconoscerle. E a evitare di farne altre.

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