Gabriele Torsello parla del suo mestiere, parla del suo rapimento, parla degli afghani. L’incontro con il fotoreporter conclude venti giorni di mostra fotografica, autori lui stesso e Giuseppe Bosio, operatore umanitario, che ha raccolto, secondo gli organizzatori, più di 2500 visitatori. Di cui la maggior parte si è soffermata a leggere le didascalie e i cartelloni informativi, sulla storia e la cultura dell’Afghanistan, ancora troppo poco conosciuta.

Gli eventi sono stati organizzati dal Comune di Castel d’Aiano, un paese dell’appennino bolognese che ha conferito al giornalista una targa, e che si è mosso a suo tempo per la fine del sequestro di persona.

[oblo_image id=”1″] La regione del Corridoio del Wakhan è un lembo di terra afghana che si incunea a est verso la Cina fra le alte vette dell’Hindu Kush, e gli altopiani di Pamir, a più di tremila metri di altitudine. Qui vive la popolazione Wakhi, che è stata raggiunta per distribuire aiuti umanitari, materiale didattico e scolastico agli alunni dell’unica scuola e alle famiglie della comunità, ed è stato allestito un Ambulatorio medico e un Punto di primo soccorso, dove hanno operato due medici bolognesi, tutti volontari.

La mostra fotografica nasce dal Progetto di Cooperazione Internazionale “(H)ELP for Afghanistan”. Il progetto, di durata quinquennale, trae sostentamento da donazioni di associazioni pubbliche e private nonché da contributi di comuni cittadini. La mostra ha il duplice scopo di far conoscere una realtà pressoché ignota all’Occidente e di sensibilizzare il pubblico sulle durissime condizioni di vita del popolo Wakhi. Le decine di fotografie di Torsello fanno parte della mostra fotografica “Staramascé” – che in pashtun significa “salve, come va?” – allestita la scorsa estate nel Salento dall’Istituto per le Culture Mediterranee della Provincia di Lecce.

Gabriele Torsello ha documentato invece le condizioni di vita della popolazione nelle regioni afghane, prima del rapimento nell’ottobre del 2006. Racconta dapprima delle vicende personali da quando è stato nella regione, dal 2001, prima e durante l’invasione statunitense, compiuta con l’appoggio della popolazione; poi, parla del degeneramento delle condizioni di vita e di sicurezza e delle storie delle persone, sempre più colpite da tutte le parti.

Kash racconta della sua attività di fotografo, di come si mescola tra la gente, vivendo la quotidianità, e sentendosi invisibile, fare il suo mestiere. Con quella ormai famosa “giusta distanza”, pensando che siamo sempre persone esterne.

Il Baraccano, sede del quartiere Santo Stefano di Bologna, dall’8 Dicembre al 6 Gennaio, sempre ad ingresso gratuito, proporrà una mostra di Ivan Dimitrov. Scultore, pittore, incisore nato in Bulgaria, ora risiede a Bologna e omaggerà la città con questa esposizione. Sabato 8 ci sarà la presentazione con l’autore che, tra le altre cose, autograferà poster di sue opere.

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