Il cinema italiano è spesso messo in discussione, lo si accusa di essere povero, minimalista, di non coinvolgere. Non entriamo nel merito di queste affermazioni, perché sarebbe troppo lungo e complesso, ci limitiamo a suggerire un film, che è sì piccolo, povero, in temini economici, minimalista, ma è molto, molto emozionante.

Signorinaeffe è il nuovo film di Wilma Labate, uscito nelle sale italiane il 18 gennaio, e siamo certi che il passa parola lo farà rimanere a lungo. La “Signorinaeffe” è tante cose, F è la Fiat, la Fabbrica,la Famiglia, la Femmina e io direi anche la Felicità di rimanere se stessi. E’ un film coraggioso, perché parlare di operai al cinema non”tira”, non è certo una categiora che fa “cassetta”. E infatti Wilma Labate ha dovuto lottare non poco per farsi finanziare questa pellicola. Poi forse i morti della ThyssenKrupp e le recenti proteste operaie hanno dato nuova linfa a questi argomenti, ed hanno fatto divenire di stringente attualità un film che è un’opera di rara bellezza.

[oblo_image id=”3″]“Signorinaeffe” farà discutere, perché è palesemente di parte. Ma è vero e benfatto, e questo è già molto. I due attori protagonisti della storia sono una Valeria Solarino e un Filippo Timi in stato di grazia, la loro è una grande interpretazione. La storia è quella di uno struggente amore vissuto nell’autunno del 1980, durante i famosi 35 giorni di sciopero della FIAT, quelli che segnarono, simbolicamente, la fine dell’egemonia operaia e il trionfo della “flessibilità”. Una rivolta che fallì i suoi propositi, e si chiuse con l’inutile “marcia dei 40.000” che non riuscirono ad evitare i 23.000 cassaintegrati da parte della casa automobilistica torinese.

“Signorinaeffe” è un film forte, che ti costringe a scegliere da quale parte stare, che ti arriva al cuore perché parla di una storia nostra, perché ti aiuta a non dimenticare un passaggio cruciale della vita di questo paese, ed il messagio è quello di non rimuovere certe storie nemmeno dalle nostre coscienze.

[oblo_image id=”2″] E’ una pellicola sulla voglia di riscatto sociale, e al tempo stesso sulla paura di “uscire” dalla propria condizione. Ma è soprattutto è una storia d’amore, quello tra Emma e Sergio. Emma Martano è il cavallo sul quale la sua famiglia punta per uscire dalla semplice e misera vita di operai, per giunta meridionali. Lei lo ha già fatto il salto di qualità, sta per laurearsi in matematica, ed ha già un impiego nel settore informatico proprio della Fiat. Il suo sembra un futuro brillante, anche in amore: sta per sposare Silvio, un dirigente Fiat. Insomma tutto sembra andare per il verso giusto , fino a quando nella vita di Emma non fa il suo ingresso Sergio, un giovane operaio addetto alle presse, ed in testa alle file dei manifestanti. Emma sarà così combattuta fra l’amore per il ribelle ed affascinante militante, che “odora” di barricata, e il burocrate un po’ squallido e meschino, che rappresenta per lei la via di fuga dalla condizione di “Figlia di operai”.

Ad Emma non mancherà il coraggio di tirare fuori “se stessa” e vivere un’intensa, anche se breve, storia d’amore, che cambierà per sempre la sua vita. Soprattutto imparerà una grande lezione di vita: non si può “dimenticare” chi si è; fa parte di noi e scappare, a volte, serve solo a peggiorare la nostra condizione.

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