[oblo_image id=”1″] Alex Schwazer si è ritirato nella 50 km di marcia dei mondiali di Berlino. Il campione olimpico si è fermato a metà gara, inspiegabilmente contratto e incapace di tenere il ritmo dei migliori. Una brutta sorpresa poichè nei test che hanno preceduto la gara, tutto sembrava corrispondere ai valori registrati prima del capolavoro a cinque cerchi di dodici mesi fa. Ma con l’abbandono della nostra punta di diamante, è tutta l’atletica leggera a finire dietro la lavagna. A meno di imprevedibili ribaltoni nelle ultime due giornate, chiuderemo la rassegna iridata con un drammatico zero nel medagliere. Una debacle che solo in minima parte si può giustificare con la sfortuna. Se per la marcia, infatti, si può archiviare come una parentesi infelice che non preclude nuovi successi nel prossimo futuro, negli altri settori non si vede la luce in fondo al tunnel. L’atletica azzurra è nulla nella velocità, debilitata nel fondo, labile nei lanci, appena più incoraggiante nei salti. Un’ecatombe a cui rispondere con cambi strutturali. Soprattutto, trovando il coraggio di investire tempo e denaro per ricostruire un settore giovanile all’altezza, programmando una risalita lenta ma necessaria. Non c’è dubbio che l’atletica sia lo sport globale per eccellenza e che, come tale, renda ancor più difficile la conquista di medaglie e vittorie. Tuttavia, non si può cadere nel vittimismo o arrendersi senza combattere. Ancora prima di costruire i campioni, bisogna impegnarsi nel reperire talenti. Invece, troppo spesso i ragazzini più promettenti vengono indirizzati ad altre discipline più remunerative e reclamizzate. L’atletica non sarà mai uno sport minore, ma deve ritrovare appeal per non finire sullo sfondo. Magari emulando il nuoto dove in quindici anni l’Italia si è costruito un posto di tutto rispetto nel firmamento internazionale. Bisogna avere coraggio ed idee chiare. Perchè sarà vero che ogni nottata è destinata a passare. Ma è meglio che non si perda altro tempo: altrimenti si rischia di vagare al buio.

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