Doveva essere una di quelle belle storie che ogni tanto lo sport sa ancora raccontare. Una sfida coraggiosa contro handicap fisici, pregiudizi e discriminazioni.
Invece, gli ultimi sviluppi spostano la vicenda di Oscar Pistorius a metà strada tra il teatro dell’assurdo e il vittimismo kafkiano di fronte alle istituzioni.

Ricapitolando per sommi capi: l’atleta sudafricano privo di entrambe le gambe aveva chiesto di poter gareggiare con i normodotati alle prossime Olimpiadi di Pechino in virtù dei tempi notevoli conseguiti grazie all’ausilio di speciali protesi in carbonio. La Iaaf, federazione internazionale d’atletica, per risolvere la questione ha consultato il professor Bruggenmann, un luminare di biomeccanica. Il verdetto dell’esperto ha confermato come le protesi possano costituire un vantaggio in termini di restituzione dell’energia, seppur compensato da chiari svantaggi in fase di partenza e impostazione di curva.

Una sentenza che sapeva di condanna rendendo quasi certa l’inammissibilità della domanda del velocista. Ma il povero Pistorius non ha fatto in tempo a riprendersi dalla delusione del suo sogno infranto che ha dovuto incassare un’altra batosta.

Incredibilmente, ora anche gli atleti disabili non lo vogliono più. Il ragionamento è piuttosto semplice: se Pistorius è avvantaggiato rispetto ai “normali”, figurarsi rispetto a loro. In particolare viene ad accentuarsi una pecca del regolamento paralitico: l’equiparazione di coloro che hanno una gamba sana con chi ha subito un’amputazione bilaterale. Pistorius con i suoi risultati cronometrici straordinari ha aperto un nuovo orizzonte. Secondo gli specialisti, farlo gareggiare alle Paralimpiadi toglierebbe credibilità alla manifestazione dato l’enorme divario con gli eventuali avversari.

Basti pensare che il velocista sudafricano corre i 400 metri in poco più di 46” contro i 51” degli altri. E così il povero Pistorius vive ore di attesa sperando che qualcuno risolva l’enigma trovandogli la giusta collocazione. La decisione della Iaaf, è fissata per il 10 Gennaio. Solo allora forse sapremo se the fastest thing on no leg potrà correre alle Olimpiadi di Pechino, se dovrà accontentarsi di gareggiare alle Paralimpiadi o se addirittura non verrà ammesso a nessuna delle due competizioni.

Ciò che sembra incredibile è come gli straordinari risultati ottenuti da un disabile anche grazie ai progressi della tecnica non vengano salutati da gioia e soddisfazione ma da sospetto e diffidenza. Il caso Pistorius è sempre più ingarbugliato in una matassa che vede intrecciarsi giustizia sportiva, etica e sperimentazione scientifica.

Chissà che le Olimpiadi di Pechino non stiano già per perdere il personaggio da copertina.

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