[oblo_image id=”1″]Napoli gastronomica, la città da sempre amata dagli italiani. Ma quanti ne conoscono le viuzze antiche, la vera storia mista alla leggenda e alla tradizione popolare, i luoghi da visitare, i personaggi da ricordare e menzionare? La Napoli teatrale, quella portata sul palcoscenico dai grandi autori, ma anche quella vissuta quotidianamente, perché – prima di ogni altra cosa – Napoli è famosa per “l’arte d’arrangiarsi”.

Nessuno conosce la mia Napoli, tranne chi vi è nato. I tour operator portano i turisti nelle note zone costiere, Positano e Amalfi, le isole – Capri, Ischia, Procida – i ristoranti rinomati, il teatro San Carlo e il cinema Totò, gli scavi di Pompei ed Ercolano, il City Bus e tante altre attrattive, ma questo non è il vero volto della mia città.

Napoli è ciò che non appare sui depliant e le brochure: è una partita di calcio nelle piazze dove i carabinieri girano la faccia divertiti, perché anche loro – da ragazzi – hanno usufruito di quegli stessi luoghi per giocare con gli amici; è l’odore del caffé e il detto delle tre “C” – che pochi conoscono – gli scugnizzi che non vanno a scuola e riescono a non cedere alla tentazione di chi afferma che “essere onesti è impossibile, se vuoi fare soldi” e cose del genere. La mia Napoli è questo e molto altro ancora.

Il paniere ancora chinato dal balcone, i negozietti aperti la domenica mattina a Spaccanapoli, il rumore di Piazza del Gesù, il sermone del prete contro la camorra, l’illegalità mista al “cuore buono”, perché le bancarelle – molte – nascono dal bisogno di mangiare… Quale giornale rappresenta questa Napoli? È una Napoli scomoda, questa, una città che nessuno vorrebbe ricordare o fotografare, ma io così ve la presento: vera, reale, nero su bianco, immortalata per quello che è e non per quello che deve apparire.

Una Napoli piena di sapori, come ci dimostrano i due ristoratori della “Taverna del Buongustaio”, già raccontata dal TG1 e da un vignettista di un noto quotidiano.
Dove è ubicata? In una delle tante viuzze, tra la folla e i raggi del sole che battono sulla pelle, con una tradizione di circa centoventi anni e più alle spalle. Antica osteria piena di botti, dove ad un prezzo modico ci si fermava solo per bere un bel bicchiere di vino, perché “il vino rosso fa buon sangue”, passata di gestore in gestore, fino ad essere un punto di ritrovo per liberi professionisti e studenti locali. Caratterizzata dalla semplicità, dalla genuinità dei piatti tipici, con prodotti di elevata qualità, la taverna ha visto illustri uomini politici e dello spettacolo varcare la sua soglia in quanto Gaetano e Sasa’ hanno come peculiarità l’accoglienza.

Così Sasà commenta la sua taverna : “da me tutti si sentono a casa; noi offriamo la semplicità della cucina, come la genovese, che non è un piatto ligure tipico, con carne, Parmigiano e cipolla”. Il segreto di tale successo è dovuto alla conduzione familiare, anche se Sasà preferirebbe che i suoi figli continuassero gli studi, in quanto è un lavoro molto impegnativo e pieno di sacrifici, il suo. Non è un ristoratore Qualunque, Sasa’. Lui esige rispetto, altrimenti “caccia via i clienti”.

La moglie lo ha accompagnato in questa sua grande avventura, poi, scherzosamente, gli ha detto di “portare i soldi a casa e lavorare sodo”. Sasa’ e la sua Taverna del Buongustaio: un posto particolare e Gambero Rosso lo conferma; la sua simpatia non è da tutti: lui è il tipico ristoratore napoletano.

È questa la NAPOLI che io amo.

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