[oblo_image id=”1″]Intelligenza è saper rispondere in modo arguto anche alle domande stupide. Se un giornalista ti fa notare che quando nel tuo ultimo film dici “Non abbiate paura di disossare un’anatra” a lui hai fatto venire in mente Papa Wojtyla, e tu riesci a trasformare l’imbarazzo in una riflessione sulla paura di affrontare nuove sfide. Certo, in quasi 40 anni di carriera di domande assurde Meryl Streep ne avrà sentite. E forse per questo, ma non solo, riesce a trasmettere in ogni cosa che fa una disarmante, sfavillante naturalezza.

Quindici nominations agli Oscar, due statuette vinte, questa leggenda vivente del cinema americano si è presentata in conferenza stampa al Festival del cinema di Roma (dove riceverà domani in Campidoglio il Marc’Aurelio d’oro alla carriera) in tutto lo splendore della sua sicurezza. Mai spavalda, comunque pronta alla battuta, ironica anche con chi le fa notare che è tra le poche star sempre disponibili e di buon umore (“Chiedete a mio marito…”). E capace di fare un discorso intelligente anche sulla modestia. “Tutti questi superlativi che usate per me – spiega, riferendosi a tutti i complimenti che continua a ricevere – non mi colpiscono più di tanto: mi interessano più i difetti, le fragilità degli esseri umani. Ciò che non è perfetto, insomma“.

Una sfida in più per chi, come lei, può rimproverarsi pochissimo. Soprattutto alla sua età: “Ho sessant’anni, la mia è stata una vita fortunatissima, io non mi sono mai concentrata sul glamour o sulla bellezza, ma sul mio essere attrice. Una che può essere plagiata come argilla. Ora invece le ragazze pensano di dover avere una forma precisa, rientrare in un canone: devono essere magre, bellissime. Una pressione tremenda. Le mie due figlie sono attrici, ne sono contenta ma anche preoccupata“.

Fortune (e meriti) di un’artista che oggi può permettersi di bacchettare mostri sacri della regia (“sarebbe il caso che Scorsese cominciasse a fare qualche film con una donna protagonista”) e di fare battute su un suo eventuale passaggio dall’altra parte della telecamera (“molti registi direbbero che già l’ho fatto… ho sempre un’opinione su tutto!”). Disarmante, infine, quando parla delle tre cose importanti della vita: “l’amore, il sesso, e il cibo”. Come darle torto?

Il film che porta in anteprima a Roma, “Julie e Julia”, si può giusto riassumere nella trinità streepiana appena esposta. Il plot è basato sulle biografie di Julia Child, la donna che nel secondo dopoguerra ha insegnato all’America a mangiare qualcosa di diverso dal junk food, e di Julie Powell, newyorkese trentenne che 50 anni dopo cerca di sfuggire al precariato scrivendo in un blog l’avventura di un anno vissuto mettendo in pratica tutte le 524 ricette del libro bestseller della Child. Attorno alle disavventure di Julie si snoda una doppia vicenda umana che diventa quadrupla con l’ingresso dei mariti delle due donne, “compagni” nel vero senso della parola. Per una volta, dietro una grande donna sembra esserci un grande uomo. Una commedia “impegnata”, si potrebbe dire, che stuzzica il palato. Consigliato per l’aperitivo, dopo cena rischiereste di tornare di nuovo a tavola.

Ps: avremmo voluto raccontarvi anche dell’incontro con il pubblico a cui Miss Meryl ha presenziato in serata. Peccato che qualche leggero difetto nell’organizzazione abbia costretto gli accreditati a restare un’ora e mezzo in fila a fare le belle statuine (ali di folla per le tv, secondo alcuni; ali di pollo, secondo il vostro scribacchino) per essere “liberati” (nel senso di mandati a casa) solo dopo l’entrata della diva. Un consiglio: la prossima volta, le comparse pagatele.

Red carpet, e film nuovo, anche per i fratelli Coen, turisti in Roma con discreta soddisfazione. Joel e Ethan portano al Festival (fuori concorso, ovviamente) “A serious man”, commedia in salsa ebraica talmente condita che nel materiale stampa abbiamo trovato un vocabolario yiddish-italiano. Utilissimo, non c’è che dire. Ma fare un film leggermente più comprensibile? Alla prossima. Anzi, all’ultima, visto che manca poco all’assegnazione dei premi. Pronostici totalmente in bilico, nessuno si sbilancia, neanche sui premi minori. E allora, attendiamo il giudizio di Marco Aurelio. E se sarà pollice verso, arrivederci al prossimo anno.

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