Mario Biondi, inconfondibile nella voce e nello stile
Mario Biondi, inconfondibile nella voce e nello stile

Mario Biondi è molto più di una popstar. Mario Biondi è la sorprendente anomalia in un panorama musicale – quello italiano – monotono, atrofizzato, banale e tenuto sotto scacco da un lato dal piattume dei soliti noti della canzone leggera e dall’altro dalla ruffiana commercialità dei talent show.

Quella del soulman siciliano è una parabola musicale in controtendenza, sin dal debutto con la Schema Records, piccola eccellenza discografica milanese specializzata in Nu-Jazz e Lounge. Nulla più di un successo inaspettato – ottenuto con un prodotto di nicchia, poco masticabile per il grande pubblico e rilasciato da un’etichetta indipendente – dimostra quanto Biondi sfugga allo schema oggi predominante nel mercato discografico italiano. Il Barry White d’Italia – riduzione giornalistica e impropria, ma a cui il cantante catanese deve molto del suo successo mainstream – ha riportato in auge un gusto di cui noi italiani, un tempo, eravamo portabandiera: è il piacere del Jazz, dei classici del Soul afroamericano ma anche della sofisticazione bianca della canzone d’autore, magari confezionata su misura per il suo timbro vocale da un artigiano di nome Burt Bacharach (Something That Was Beautiful, 2009).

Sarebbe sconveniente per Mario Biondi non sfruttare l’affinità canora con il re della Disco, e di fatti – di tanto in tanto – il siciliano strizza un occhio, con ottimi risultati e indiscutibile gusto, ad un pubblico più ampio, senza però mai scadere in atteggiamenti musicalmente ruffiani e sdoganare prodotti usa e getta. Da buon crooner dei nostri giorni, Biondi ha saputo sapientemente ritagliarsi una fetta di mercato che gli vale prime posizioni, dischi di platino e sold out in casa come in trasferta, senza compromettere la sua essenza di artista dall’animo Jazz e colmando, con un’offerta che in Italia mancava da troppo tempo, un vuoto lasciato – con i dovuti paragoni – dall’eleganza degli anni d’oro di Mina e Ornella Vanoni, con cui Biondi condivide la passione per gli standard Jazz, i classici dei musical di Broadway e quelli della canzone d’autore brasiliana.

Passata la magnifica stagione dei duetti delle dive nostrane con Toquinho e Vinicius de Moraes, analogamente Mario Biondi condivide il suo percorso artistico con i più grandi interpreti della scena Jazz, Soul e Fusion contemporanea a livello internazionale: fa produrre il suo album a Bluey – leggendario frontman degli Incognito – divide il palco con la dea nera Chaka Khan e con quell’icona vivente che è Al Jarreau. Dal vivo, poi, le qualità di crooner e di showman si esaltano: Biondi sa essere padrone del palco e coinvolgere l’auditorio accompagnato da formazioni di tutto rispetto, dagli albori con l’High Five Quintet del trombettista Fabrizio Bosso – nome di primissimo piano nella scena Jazz italiana – alle tournée con la Duke Orchestra, fino ai concerti con due band, l’una acustica e l’altra elettrica, e l’attuale formazione con gli Italian Jazz Players.

Per comprendere quanto la dimensione live gli sia congeniale, basta ascoltare “I Love You More” e “Yes You”, due raccolte live di brani di repertorio del soulman catanese, impreziosite con cover di pezzi storici, come “Close to You” di Bacharach o “Lowdown” di Boz Scaggs, reinterpretata con gli Incognito. La tappa del 24 novembre riporterà Mario Biondi all’Auditorium Parco della Musica di Roma, per uno spettacolo che lo vedrà presentare i brani di Sun, la sua ultima fatica che ha dominato la classifica italiana, e riproporre i successi che hanno segnato la sua carriera. Per chiunque non abbia ancora avuto il piacere di assistere a una sua performance, è l’occasione giusta per godersi uno spaccato di quanto di meglio il panorama musicale italiano possa offrire oggi. Per gli habitué, allo stesso modo, è una chance per riprovare le emozioni di sempre.

Mario Biondi all’Auditorium di Roma
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