[oblo_image id=”1″] Gli Europei di Budapest vanno in archivio con l’ultimo oro conquistato da Tania Cagnotto e Francesca Dallapè nei tuffi sincronizzati dal trampolino dei 3 metri. Proprio loro potrebbero meritare la copertina di questa rassegna iridata per l’eleganza unita alla grinta con cui hanno cancellato la delusione della gara individuale di appena 18 ore prima per regalare un altro grido di gioia alla spedizione azzurra. Un ruolo conteso anche da una fuoriclasse come Federica Pellegrini – peccato per la rinuncia nei 400 sl -, da una sorpresa devastante come Fabio Scozzoli o dagli highlander del fondo, con Valerio Cleri capitano di un gruppo indomito giunto all’eccellenza assoluta.

Ed, invece, ci soffermiamo su chi torna a casa senza neppure una medaglia. Filippo Magnini ha un palmares da campione per una semplice ragione: campione lo è da sempre. Ha trionfato ai mondiali, è stato il re della disciplina regina: i 100 metri. Poi negli ultimi due anni il blackout. Problemi con il costume, con gli allenamenti, con gli avversari che spuntano dal nulla e fermano il cronometro su tempi impensabili. Budapest era una sorta di ultima chiamata: doveva dimostrare agli altri e a se stesso di essere ancora competitivo. Ha risposto come fanno i grandi. Ha trovato energie nascoste, unendo orgoglio e umiltà. L’orgoglio di chi non accetta di perdere senza combattere, l’umiltà di chi sa soffrire in vasca senza lamentarsi anche quando dopo l’ultima bracciata non legge il numero uno accanto al proprio nome sul tabellone. Lo sport non è statistica, è un emozione. E vederlo sprintare nei 100 metri in linea con le nuove leve è stato esaltante. Quindici centesimi di distacco dal vincitore – il francese Bernard – gli hanno tolto anche il gradino più basso dal podio. In linguaggio tecnico, si dice equilibrio d’eccellenza, in gergio più profano è la conferma che la fortuna potrà essere cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. Rimanevano le staffette e lì avrebbe meritato ancora di più. Da far vedere e rivedere ai giovani la determinazione con cui ha speso tutto se stesso nelle frazioni della 4×200 e della 4×1oo misti nonostante i compagni lo avessero lasciato a distanza siderale dalla zona medaglie. Dare il massimo anche quando non si può vincere, aiutare ed incoraggiare gli altri elementi della squadra anche quando il loro contributo non è all’altezza. Cose da capitano, cose da campione. Per tornare a salire sul podio ci saranno altre occasioni. Intanto Magnini è tornato, il messaggio è chiaro anche per gli avversari.

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