[oblo_image id=”1″] Per uno che esordisce alla soglia dei 70 anni, il secondo romanzo non può farsi attendere troppo. E così a dodici mesi di distanza dal successo di Firmino, Sam Savage torna nelle librerie con un’opera dal gusto inconfondibile: malinconica e sognatrice, fiabesca ma con un retrogusto velato di amaro disincanto. Il protagonista de L’uomo che perdeva i giorni è Andrew Whittaker, un inguaribile ottimista che ribatte ad ogni sventura senza smarrire un contagioso ed incomprensibile entusiasmo. Non importa che la moglie lo abbia abbandonato, che la casa stia crollando sopra la sua testa o che la rivista da lui diretta sia sull’orlo del fallimento, Andrew prosegue instancabile la sua avventura letteraria. Scrive di tutto e su tutto non gettando mai un foglio. Raccoglie in un archivio personalissimo e privo di alcun ordine, tutti i frammenti della sua vita. Si susseguono fino a confondersi le lettere alla compagna, le proposte di pubblicazione di giovani autori, stralci di romanzo, cartoline per la madre, appunti e scarabocchi. Custoditi gelosamente perchè quelle idee messe su carta rappresentano il suo mondo: ideale e illusorio ma unico rifugio contro il pragmatismo imposto dalla realtà. Tentativi disperati di un intellettuale che non vuole piegarsi al conformismo, velleità di uno scrittore strampalato di resistere ostinatamente al richiamo delle miserabili pratiche terrene.

Titolo: L’uomo che perdeva i giorni
Autori: Sam Savage
Editore: Einaudi

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