Per la prima volta dal 1876 èfinalmente riunito nella Cappella di Sant’Uberto della Reggia di Venaria, dopoun accurato intervento di restauro curato dal Centro Conservazione e Restauro “LaVenaria Reale”, il ciclo pittorico dell’Oratorio della Compagnia di San Paolo,oggi non più esistente. Le dieci tele del ciclo secentesco ideato da EmanueleTesauro, il più grande letterato sabaudo del XVII secolo, appartenenti oggialle collezioni d’arte di Intesa Sanpaolo, sono opera di diversi importantiartisti di corte come Charles Dauphin e Bartolomeo Caravoglia, attivi anche perla Reggia sotto la regia dello stesso Tesauro. Si tratta non solo di una dellepiù prestigiose imprese pittoriche del barocco del Nord Italia, ma anche di unodei più rilevanti cicli secenteschi interamente dedicati a san Paolo Apostolo,esposto al pubblico in occasione dei 450 anni dalla fondazione della Compagniadi San Paolo. Il ciclo pittorico dell’Oratorio di San Paolo

L’antico Oratorio L’anticoOratorio per il culto privato della Compagnia di San Paolo, sorto a Torino nel 1578nell’isolato della chiesa dei Santi Martiri, era ornato dalla pala d’altare tardomanieristaraffigurante la Conversione di san Paolo (1580) del faentino Alessandro Ardente.Tesauro e il suo progetto Nel 1663, in occasione del centenario dellaCompagnia, fu affidato al letterato di corte Emanuele Tesauro il progettoiconografico di un nuovo ciclo decorativo per l’Oratorio composto, oltre chedalla pala di Ardente, da una serie di grandi dipinti dedicati alla vita di sanPaolo (ciascuno commentato da un’iscrizione). Immagini e

parole narravano la storia delsanto, dalla Conversione al Martirio, in un racconto coinvolgente e teatraleche celebrava anche le attività della Compagnia. I pittori Per tale grandioso progetto furono chiamati ipittori di maggior successo sulla scena torinese:il lorenese Charles Dauphin, tra gli artisti più accreditati a corte, i piemontesi Giovanni Bartolomeo Caravoglia,confratello sanpaolino, autore di ben settequadri per l’Oratorio (di cui due oggi dispersi) e Giovanni Francesco Sacchetti. Non mancarono anche tempestiviaggiornamenti sulle novità pittoriche rappresentatedal genovese Pietro Paolo Raggi e dal trentino Andrea Pozzo (autore di un’opera aggiunta nel 1689, a cicloultimato, oggi perduta). Nel 1686 la Compagniadecise di ornare ogni tela con lo stemma del rispettivo confratello committente. Nello stesso periodo furono anche ridipintein eleganti cartigli, alla base dei dipinti,le iscrizioni di Tesauro.

Gli artisti e la Reggia Il ciclo dell’Oratorio fornisceun’eccezionale panoramica sui protagonisti del Barocco piemontese del secondoSeicento.  Quasi tutti erano membri dellaCompagnia di San Luca (associazione professionale degli artisti torinesi natanel 1652). Alcuni, come Dauphin e Caravoglia, lavorarono nei maggiori cantierisabaudi del tempo, dal Palazzo Reale al Palazzo di Città. Qui a Venaria, lostesso Tesauro ideò, nel 1659-60, il programma iconografico della Reggia dovefurono attivi Dauphin e Caravoglia (nella Sala di Diana), mentre Sacchetti ful’autore del ritratto inciso della duchessa Maria Giovanna Battista di SavoiaNemours in apertura del libro Venaria Reale. Palazzo di piacere e di caccia diAmedeo di Castellamonte. Nel 1703 il ciclo pittorico fu trasferito nel nuovoOratorio in via Monte di Pietà a

Torino (definitivamente chiuso nel 1876), con unallestimento che mirava a evidenziare l’importanza delle famiglie committentidelle opere piuttosto che la coerenza cronologica delle storie di san Paolo.Gli inventari settecenteschi specificano inoltre che i quadri avevano ricchecornici lignee, intagliate e dorate su

fondo turchino (ora perdute), che uniformavano le diversedimensioni delle tele. L’allestimento proposto in mostra s’ispira ai progettiiconografici di Tesauro, offrendo una lettura basata sulla sequenza cronologicadelle storie di san Paolo.

Le opere

1. Alessandro Ardente (Faenza, prima metà del ‘500 –Torino 1595)

Conversione di san Paolo, 1580

olio su tela, 345X229 cm.

Paolo, nato a Tarso (odierna Turchia) nel 5-8 d.C., eraun giudeo con cittadinanza romana cresciuto a Gerusalemme, convinto persecutore deicristiani. Nel 35 d.C., mentre era diretto a Damasco per arrestare i cristianidel posto, ebbe la folgorante apparizione di Cristo. Paolo, accecato dalla luce dellavisione divina, cadde a terra e si convertì al Cristianesimo. Tre giorni dopo, a Damasco,Cristo inviò Anania a restituirgli la vista (dagli Atti degli apostoli,9,1-19). Il dipinto, collocato sull’altare dell’Oratorio nel 1580,fu commissionato dalla Compagnia al faentino Ardente, pittore e scultore dellacorte sabauda. È un’affollata composizione in cui la luce “scolpisce” i personaggiavvolti dalle tenebre. La tela, raffigurante l’attimo in cui il santo «fu scelto daCristo per propagare in tutto il mondo la santa fede», divenne il punto di partenza del nuovociclo pittorico ordinato dalla Compagnia nel 1663, su progetto iconografico delletterato Tesauro.

2. Giovanni Bartolomeo Caravoglia (Marentino 1615 ca. –Torino 1691)

San Paolo conduce santa Tecla nella casa di Trifena,1675-76

Olio su tela, 316X197 cm.

“Tecla, vergine protomartire, convertita da san Paolo, fadiventare la casa di Trifena un rifugio di santità con l’esempio e la vita in comune” (dagliscritti di Basilio di Seleucia). La conversione al Cristianesimo e la scelta dicastità di Tecla avvennero durante la predicazione di san Paolo a Iconio (in Turchia) nel 47d.C. Il santo protegge Tecla con la croce, allontanandola dall’avida madre, pronta acederla alle molestie di un ricco spasimante, e la conduce dalla ricca Trifena che,colpita dalla sua devozione, si convertirà al Cristianesimo. Il quadro, tra i piùtenebrosi di Caravoglia, rimanda alla Casa del soccorso delle vergini, entegestito dal 1595 dalla Compagnia di San Paolo per tutelare le giovani meno abbienti, garantendo loro l’istruzione e la dote peril matrimonio. Fu committente del dipinto il consigliere del Municipio diTorino Ottavio Fontanella, la cui famiglia era legata alla Casa del soccorso dellevergini sin dalle origini di tale istituzione.

3. Giovanni Bartolomeo Caravoglia (Marentino 1615 ca. –Torino 1691)

San Paolo portato dalla Vergine morente, 1663-64

olio su tela, 316X197 cm.

“Paolo e i compagni (apostoli), riuniti per voleredivino, offrono preghiere alla beata Vergine morente” (dagli Annales ecclesiastici di CesareBaronio, anno 48 d.C.). Il quadro raffigura san Paolo portato miracolosamente involo da quattro angeli nella casa dove la Vergine Maria sta morendo assistita dagliapostoli e dalle pie donne. San Paolo e gli apostoli, riuniti per rivolgere preghierealla Madonna, costituirono per Tesauro la «prima congregazione della beata Vergine». Il quadro è coevo al San Paolo rapito al terzo cielo diDauphin (n. 5), da cui è influenzato sul piano stilistico. Celebra la Congregazionedella Vergine Annunciata, istituita dalla Compagnia di San Paolo per promuovere aTorino il culto della Madonna, negato dai protestanti. Committente della telafu Giorgio Turinetti, primo presidente delle Finanze dello Stato, che dal 1659 al1663 diresse il cantiere della Reggia di Venaria con Amedeo di Castellamonte.

4. Giovanni Bartolomeo Caravoglia (Marentino 1615 ca. –Torino 1691)

San Paolo celebra l’Eucaristia, 1676 ca.

olio su tela, 314X197 cm.

“Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calicedel Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore” (dalla Prima lettera aiCorinzi, 11,27, di san Paolo, 53-55 d.C.). Il dipinto raffigura san Paolo sacerdote che amministrail sacramento dell’Eucaristia secondo la Chiesa Cattolica nel momento in cui, durantela preghiera, il pane si converte nel corpo di Cristo grazie all’azione delloSpirito Santo. Il quadro celebra la «frequenza de’ santi sacramenti»,una delle principali attività dei confratelli sanpaolini, che partecipavano ogni giorno alsacramento dell’Eucaristia (sostituito dai protestanti con la Santa Cena). Nel 1686la tela, in origine rettangolare, fu centinata (la stessa modifica vennerealizzata sul dipinto di Sacchetti, n. 6). La forma centinata, tipica delle paled’altare, evidenziava in Oratorio i quadri dedicati alle due più importanti attività dellaCompagnia. Fu donato dal ricco banchiere Giuseppe Nicola Vittone.

5.Charles Dauphin (Metz 1625-28 ca. – Torino 1678)

San Paolo rapito al terzo cielo, 1663-64 ca.

olio su tela, 316X210 cm.

“Fu rapito in paradiso e udì parole arcane che a nessunoè permesso pronunciare” (dalla Seconda lettera ai Corinzi, 12,4, disan Paolo, 56 d.C.). San Paolo, sollevato dagli angeli al cielo di Dio (chenella Bibbia è il terzo, oltre quelli dell’atmosfera e degli astri), fissa lo specchiocitato nella Seconda lettera ai Corinzi (3,18): «E noi tutti, a viso scoperto,riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesimaimmagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore».Il quadro è un vortice di forme e colori, tipicodell’infuocata maniera del lorenese Dauphin. L’unico soggetto mistico dell’Oratorio fuaffidato al pittore Dauphin, i cui dipinti di soggetto religioso erano molto apprezzati neipiù altolocati ambienti devoti torinesi. Fu commissionato dal segretario di Stato eFinanze Carlo Bianco, che fu uno dei finanziatori del primo filatoio idraulicocostruito a Torino, opera che segnò una svolta nella locale industria serica.

6. Giovanni Francesco Sacchetti (Torino 1634 – 1681)

San Paolo distribuisce l’elemosina, 1671 ca.

olio su tela, 316X201 cm.

“Sono venuto a portare al mio popolo elemosine, doni epreghiere” (dagli Atti degli

Apostoli, 24,17).

Il quadro raffigura san Paolo che distribuisce l’elemosinanel 57 d.C. nei pressi di Gerusalemme, sua città d’adozione. Poco dopo, i soldatiromani lo arrestarono al tempio di Gerusalemme per salvarlo dai giudei che loaccusavano ingiustamente di empietà. La frase nell’iscrizione fu pronunciata da Paoloa Cesarea di fronte al governatore della Giudea per difendersi dall’accusa mossadai giudei.Il pittore Sacchetti, formatosi a Roma vicino al franceseNicolas Poussin, era a Torino il più raffinato interprete del classicismo. Ilquadro celebra «il soccorso de’ poveri vergognosi», una delle attività più importantidella Compagnia. In origine rettangolare, fu centinato nel 1686 circa (insieme al SanPaolo celebra l’Eucaristia di Caravoglia, n. 4), quando si trasferì una fascia di teladal margine superiore a quello inferiore per inserire la nuova iscrizione (quellavecchia è visibile sotto la spada). La Compagnia volle così distinguere in Oratorio i due quadridedicati alle sue attività principali. Fu donato dal consigliere municipale GaspareFrancesco Carcagni, grande elemosiniere della Compagnia dal 1671.

7. Pietro Paolo Raggi (Genova 1627 ca. – Bergamo 1711)

Cristo appare a san Paolo in carcere, 1672-74 ca.

olio su tela, 316X210 cm.

“Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme,così è necessario che testimoni per me anche a Roma” (dagli Atti degli Apostoli,24,17). L’iscrizione è ora visibile solo in parte (prosegue nelrisvolto della tela). L’apparizione avvenne la notte successiva all’arresto disan Paolo nel tempio di Gerusalemme nel 57 d.C.; Paolo dichiarò di essere“cittadino romano”, condizione privilegiata che gli dava facoltà di “appellarsi aCesare”, ossia di sottrarsi ai tribunali locali per essere giudicato a Roma. Il quadro fu dipinto dal genovese Raggi nel periodo dimassima adesione alla pittura del conterraneo Domenico Piola (quest’ultimo fu ancheautore, dal 1670, dei frontespizi di diversi libri di Tesauro). Fu donato daMarco Antonio e Tommaso Graneri, primo elemosiniere e primo scudiere di MadamaReale Maria Giovanna Battista. Quando nel 1686 le iscrizioni di Tesauro furonoridipinte in cartigli alla base di ciascun quadro, non fu possibile fare altrettanto conquesta tela per motivi di spazio.

8. Giovanni Bartolomeo Caravoglia (Marentino 1615 ca. –Torino 1691)

San Paolo e san Pietro condotti al martirio, 1679-80

olio su tela, 314X197 cm.

“Nerone gettò in catene Paolo perché questi avevaconvertito la concubina che l’imperatore amava perdutamente” (dall’Adversus vituperatoresvitae monasticae di Giovanni Crisostomo). San Paolo fu trasferito a Roma nel 60 d.C. per esseregiudicato dal tribunale imperiale, che lo assolse. Riprese a predicare ilVangelo, ma fu nuovamente arrestato all’epoca della persecuzione anticristiana diNerone. Secondo alcune fonti, i santi Paolo e Pietro furono condannati a morte nellostesso giorno. Il dipinto, a chiusura del ciclo tesauriano, appartieneall’ultima produzione di Caravoglia. In uno scenario affollato, aguzzini dallesmorfie grottesche infieriscono sui due santi (Pietro è raffigurato mentre cade a terra,in basso a sinistra). L’ortodossia cattolica della Compagnia è evidenziata daldestino comune che lega san Paolo a san Pietro, simbolo della Chiesa di Roma. Ilcommittente fu Giovanni Battista Isnardi di Caraglio, elemosiniere di MadamaReale Maria Giovanna Battista.

9. Giovanni Bartolomeo Caravoglia (Marentino 1615 ca. –Torino 1691)

Martirio dei santi Paolo e Pietro, 1671-72

olio su tela, 316X197 cm.

“Là zampillano tre fontanelle di acqua dolce, che si dicesgorgassero per la prima volta quando la testa mozzata di Paolo si scossemiracolosamente in tre salti per la forza dello Spirito” (Dagli Annales ecclesiastici diCesare Baronio, anno 69 d.C.). San Paolo fu decapitato con la spada, pena di morteriservata ai cittadini romani; a san Pietro fu inflitta la ben più dolorosa crocifissione.L’iscrizione allude al luogo dove san Paolo fu ucciso a Roma, su cui sorse l’abbaziadelle Tre Fontane.È una movimentata tela corale dipinta da Caravogliacontemporaneamente a quella raffigurante Anania restituisce la vista a san Paolo (oggidispersa). I due quadri, rispettivamente conclusione e avvio della narrazioneideata da Tesauro nel 1663, si trovavano in posizione privilegiata ai lati dell’altare.Furono entrambi donati dal consigliere municipale Giovanni Francesco Bellezia, chericopriva la carica di primo presidente del Senato di Piemonte, vertice dellamagistratura dello Stato sabaudo.

10. Pittore attivo tra fine Seicento e inizio Settecento

San Paolo, fine ‘600 – inizio ‘700

olio su tela, 163X115 cm

“I santi per fede conquistarono i regni, esercitarono lagiustizia” (dalla Lettera agli Ebrei, 11,33).San Paolo, seduto in un bosco, indica un’iscrizionetratta da un elenco di esempi di fede dall’Antico Testamento. È accompagnato dai suoiattributi tradizionali, la spada e il libro, che alludono rispettivamente al martirio ealle sue lettere, parte integrante del Nuovo Testamento. All’epoca in cui il quadro fudipinto, si credeva cha la Lettera agli Ebrei fosse stata scritta da san Paolo. Sopra la porta d’ingresso nell’oratorio di San Paolo sitrovava dal Settecento un quadro raffigurante «san Paolo a sedere con libro inmano, con cornice dorata liscia», di grandezza inferiore a quelli del ciclo ideatoda Tesauro. Soggetto e misure sono compatibili con quelle dell’opera qui esposta, chenel 1961-62 l’Istituto Bancario San Paolo di Torino acquistò da una collezioneromana. Pare tuttavia improbabile che la tela della collezione Intesa Sanpaolosia quella appartenuta all’Oratorio.

 

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