Cosa si prova e come si vive quando si nasce brutte e cosa è veramente la bellezza? Sono le domande che si e’ posta Monica Menchi, attrice affascinante e appassionata, sul palco del Teatro Libero di Milano il 24,25,26 novembre.

L’artista ha presentato La Vita Accanto tratto dal famoso romanzo di Maria Pia Veladia, adattato per il teatro da Maura Del Serra, per la regia di Cristina Pezzoli.

Si tratta di un lungo monologo della protagonista che ripercorre la sua esperienza di bambina nata brutta, e per questo isolata, in una famiglia dell’alta borghesia vicentina del secolo scorso.
La solitudine, il senso di inadeguatezza, il senso di colpa nei confronti dei genitori per essere nata brutta, ma nel contempo una grande sensibilità e talento per la musica caratterizzano la vita della donna che riflette su quanto il non essere nata di bell’apsetto abbia condizionato la sua vita.
A questo si associano grandi drammi, come la morte per suicidio della madre rinchiusasi in un silenzio tombale dopo la nascita della figlia, ma che in un diario scrive tutte le sue emozioni e i sentimenti nei confronti della sua piccola sfortunata.

Dentro questa vita di solitudine due cose scaldano però il cuore della protagonista, la prima l’amicizia con una sua coetanea che poi si rivelerà un punto di riferimento solido e duraturo, e il legame con l’insegnante di pianoforte che l’aiuterà a fare della musica un vero lavoro e a mostrare al mondo una bellezza vera, che deve essere guardata con gli occhi del cuore.

Morale dello spettacolo è quindi che per essere sereni con se stessi la bellezza fisica non serve, ma conta fare qualcosa che si ama, come sentirsi amati da quei pochi affetti che sono cari. Il resto e relativo.

Gli occhi degli altri sono inizialmente uno specchio”- come dice la regista- “Il giudice che decreta se esistiamo o no . Possiamo ignorare il giudizio, cercare di esserne indipendenti ma non essere guardati equivale a non essere amati. La possibilità di trasformare il dolore, genera a volte una nuova inaspettata bellezza, la bellezza della musica, della poesia”.
Conclude la regista: “L’invenzione della bruttezza sara’ dunque il nostro punto di partenza, il cambio dello sguardo del pubblico alla fine del racconto, ci auguriamo sia il punto d’arrivo”.

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