[oblo_image id=”1″]Dopo la lunga sosta natalizia, il calcio italiano ha ripreso a macinare partite su partite una dopo l’altra. La Champions e la Uefa riprenderanno solo a febbraio, ma intanto, oltre al campionato, è ricominciata pure la Coppa Italia. La tre giorni di calcio infrasettimanale ha visto impegnate 16 squadre nel ritorno degli ottavi di finale. Tanta delusione per chi è uscito dalla competizione, ma anche tanto stress per chi è, invece, rimasto in corsa. I quarti si terranno infatti, sempre a gennaio. Appuntamento il 23 per l’andata e il 30 per il ritorno. Insomma, per chi si è qualificato, il primo mese dell’anno sarà molto impegnativo. Dopo la lunga sosta, il panettoni e i cenoni, i kili in più e un pesante richiamo di preparazione, gli addetti ai lavori avrebbero preferito un inizio un po’ più soft, ed invece si trovano a fare i conti con un calendario, come sempre, stracolmo.

Si dice spesso che i ritmi serrati del calcio business abbiano effetti negativi sul gioco e sullo spettacolo. Gli innumerevoli impegni logorano i giocatori costretti a dosare le forze fisiche e mentali. Perciò assistiamo a partite sempre più brutte in cui a trionfare è, prima di tutto, l’agonismo.

[oblo_image id=”3″]Questo discorso, non del tutto fuori luogo, sembra però non valere per la vecchia e cara (siamo sicuri?) coppa nazionale, tanto snobbata dai nostri club. Ecco, forse è proprio questo il segreto dell’immunità di questa coppa alle dinamiche del calcio spettacolo: la… spensieratezza con cui la si affronta. Ancelotti, dopo l’eliminazione ad opera di un sicuramente meno attrezzato Catania, l’ha definita addirittura “fastidiosa”, facendo capire chiaramente che per il Milan fosse proprio un fastidio il passaggio del turno. Forse siamo di fronte ad un delirio di onnipotenza e megalomania, ma forse no. D’altronde, cosa farsene di una “coppetta” nazionale dopo tutto il ben d’iddio conquistato nel 2007? Champions League a maggio, Supercoppa Europea ad agosto e Mondiale per Club a dicembre. Mica poco, no? Non è poco certo, anzi è proprio tanto. Ma lo spirito sportivo (toc toc: c’è spazio anche per lui?) imponeva di affrontare anche questa competizione, con un altro atteggiamento.

[oblo_image id=”2″]Intanto da questo atteggiamento quasi di “strafottenza” da parte delle squadre impegnate nella Tim Cup (potere di sponsor!), è nato un ottavo di finale ricchissimo di gol e di emozioni. A dimostrazione, ancora una volta, che il calcio, ma lo sport più in generale, è una questione di testa. Quando si gioca tranquilli, senza la pressione del risultato a tutti i costi, con la mente sgombra da tensioni e paure, si prova con più tranquillità la bella giocata e, perché no, ci si distrae anche di più in difesa. Ne guadagna, ovviamente, lo spettacolo. Ma sarebbe bene ricordare ogni tanto che il calcio rimane sempre e comunque un gioco. Ma un gioco per essere tale deve divertire. E come può divertire il calcio se non, appunto, con lo spettacolo offerto?

[oblo_image id=”4″]A partire dal rocambolesco 5-3 fra Juve ed Empoli, per finire con il 3-0 dell’Inter sulla Reggina, passando per le quaterne di Roma (contro il Torino) e Sampdoria con il Cagliari), sono stati ben 26 i gol realizzati in otto partite. Numeri questi, che riguardano soltanto il ritorno. All’andata le reti furono di meno, 21 per la (precisione, ma comunque abbastanza se le si rapporta al numero di gare a cui si riferiscono. In totale fanno 47 marcature in 16 partite, con una media di quasi 3 gol a incontro (2,93 con esattezza). Media che in campionato, o comunque nei tornei più sentiti, nemmeno si sfiora. Almeno in Italia. Eppure, proprio in considerazione del poco credito che la coppetta nazionale detiene agli occhi dei nostri club, vengono quasi sempre (almeno nei primi turni) schierate formazioni rimaneggiate, imbottite di rincalzi o addirittura di ragazzi della “primavera”. Formazioni che non dovrebbero essere quindi rodate a puntino né dotate di grandi talenti in grado di produrre bel gioco. Eppure in questi ottavi di finale, non sono mancate emozioni, gol e spettacolo. L’unica assente, forse, era la voglia. Vero Ancelotti?

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