[oblo_image id=”2″]Tempi duri per i giornalisti. Reporters sans frontières ha stilato un rapporto dai dati sconcertanti: Nel 2007 sono stati uccisi 86 giornalisti, 20 collaboratori di media, 887 sono stati sfidati, 528 i media censurati e 1511 aggrediti o minacciati. Per quel che riguarda internet la situazione non è molto diversa: 37 blogger sfidati, 21 aggrediti e 2676 sospesi. La corona va sulla testa del Magreb e del Medio Oriente, con 48 giornalisti uccisi, 430 invece sfidati in Asia e aggrediti o minacciati in America.
Il numero dei giornalisti uccisi è aumentato del 244% negli ultimi cinque anni. E’ passato da 25 ad 86 anche a causa della guerra in Iraq. Infatti, tutti i giornalisti uccisi in Iraq erano iracheni mentre in Somalia in giornalisti in prima linea sono i primi ad essere vittima di uno stato di anarchia e di violenza efferata. Reporters sans frontières dice che Il lutto contro l’impunità degli assassini dei giornalisti è primordiale. Due i processi importanti nel 2008: quello dell’uccisione di Hrant Dink, in Turchia e quello di Anna Politkovskaja in Russia. Questi due crimini, commessi alle porte d’Europa, dovranno essere risolti in maniera esemplare. Gli artefici materiali e i mandanti dovranno essere puniti severamente.

Il 1 gennaio 2008, 135 giornalisti sono imprigionati nel mondo. Il totale del 2007 è allarmante. 887 di cui molti liberati. Al primo posto il Pakistan, poi la Cina e l’Iran.

Neanche internet ne esce pulita dal rapporto di Rsf. Infatti più di 2600 siti e blog sono censurati, specie in Cina, Siria e Birmania, dove l’uso di internet diventa intranet, per un uso cioè della rete all’interno dei Paesi. I settori più colpiti del web sono i forum di discussione e Skype è inaccessibile. Verrà alla mente quel che accadde in Birmania nell’ottobre 2007, quando per via della manifestazione dei monaci birmani, sono state sospese telecamere, macchine fotografiche, pc e cellulari. Reporters sans frontièrescommenta come la Cina è il più grande censore del web sul pianeta e la cyberpolizia attua un continuo e quasi inquietante controllo sui media.

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