[oblo_image id=”3″]Nei primi anni Settanta aveva ispirato Andy Warhol, che lo ritrasse in un numero impressionante di ironiche rielaborazioni in chiave Pop (circa duemila pezzi nel solo 1972); quasi trent’anni dopo, a partire dal 1998, Mao Zedong è tornato ad essere oggetto di riflessione pittorica nei lavori di Anselm Kiefer (1945): allievo di Joseph Beuys a Düsseldorf, l’artista tedesco ha dedicato alla figura storica e culturale del Grande Timoniere la serie di tele Lasst tausend Blumen blümen (che mille fiori fioriscano), esposta per la prima volta in Italia fino al 30 marzo presso la Triennale Bovisa di Milano.

In mostra 33 dipinti e 8 libri (in parte provenienti da collezioni private, in parte di proprietà dell’autore), solo in apparenza stilisticamente incoerenti con il lungo percorso espressivo intrapreso dall’artista fin dall’esordio, nel 1969.

[oblo_image id=”1″]Sul supporto di tele di grandi dimensioni, la pittura di Kiefer procede per pennellate violente e densi impasti di colore, mescolati a inserti materici eterogenei (dalla paglia alla sabbia, dal catrame al piombo). Centro del suo lavoro è la storia, concepita come passibile di una costante reinterpretazione: al di là dei fatti scientificamente documentati, dei nessi e delle ragioni ufficiali, per Kiefer la storia rimane materia viva, aperta al confronto con l’esperienza personale e sempre suscettibile di ulteriori indagini, da condursi per mezzo di strumenti non convenzionali; tra questi, la pittura: attraverso l’associazione di forme, colori e materiali, essa è in grado di spingersi oltre l’obiettività storica per riportare a galla verità rimosse, smascherando ambivalenze e scardinando tabù consolidati. Ne risulta una produzione di forte impatto visivo ma, in genere, drammaticamente austera, quasi brutale.

[oblo_image id=”2″]Una brutalità che appare sublimata nei quadri di grandi dimensioni su Mao (da 200×200 a 300×600 cm ca.). L’artefice della Rivoluzione Culturale è ritratto da Kiefer secondo le modalità rappresentative tipiche della propaganda politica ufficiale dell’epoca: in primo piano o mentre saluta, sorridente o pensieroso, giovane filosofo o maturo leader dell’esercito. La sua figura, tuttavia, non si staglia su uno sfondo violento, ma è immersa in un paesaggio ricoperto di fiori, allusione alla celebre frase pronunciata dal Grande Timoniere nel 1956: “Che cento fiori fioriscano”. Kiefer sostituisce la parola “cento” con “mille” (tausend in tedesco), creando uno scarto, critico e visuale, tra l’originale entusiasmo con cui Mao avviò la riforma culturale e gli epiloghi conservativi della sua politica nella Repubblica Popolare Cinese. Pur in un mutamento di atmosfere, dunque, la pittura rimane per Kiefer uno strumento d’indagine pessimistica sulla storia, qui impiegato per svelare le conseguenze del culto della personalità e l’importanza dell’essere mito.

I libri d’artista si compongono di pagine ampie (104x80x11 cm ca.), su cui è impressa una fotografia in bianco e nero modificata con argilla, sabbia, pigmento o tempera: talvolta l’immagine di Mao è ben riconoscibile, altre volte compaiono deserti attraversati da un tornado o porzioni di mura fortificate, metafora delle imprese del popolo cinese, dalla Grande Muraglia alla Grande Marcia.

KIEFER E MAO che mille fiori fioriscano
A cura di Germano Celant

16 febbraio – 30 marzo 2008

Triennale Bovisa
Via Lambruschini, 31 – Milano

Orari
Da martedì a domenica: ore 11.00 – 0.00 (la biglietteria chiude alle 23.00)
Chiuso il lunedì

Ingresso
Intero: 8 euro
Ridotto: 6/5 euro

Informazioni
Tel.: 02/724341
Fax: 02/89010693
Sito: http://www.triennalebovisa.it

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