[oblo_image id=”1″]Sarà il palcoscenico del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli ad ospitare, da martedì 28 a giovedì 30 aprile 2009 alle ore 21.00, l’originalissimo allestimento de Il Calapranzi di Harold Pinter, presentato da Cantieri Teatrali Koreja di Lecce, per la regia di Salvatore Tramacere e la traduzione di Alessandra Serra. Proprio per la particolare messa in scena, limitata ad un massimo di 45 spettatori a replica, è consigliabile la prenotazione.

A dar vita, in scena, alla pièce saranno Angela De Gaetano, Maria Rosaria Ponzetta, Fabrizio Pugliese, Fabrizio Saccomanno, unitamente alle scene, luci e suono di Lucio Diana e Salvatore Tramacere e la realizzazione scene di Mario Daniele.

The dumb waiter ovvero Il Calapranzi, scritto da Harold Pinter nel 1957, fa parte della prima stagione drammaturgica dell’autore, dove quasi tutte le opere sono metafora di un solo meccanismo, quello della violenza.Violenza sotterranea, quasi impalpabile, ma che manifesta, con scatti improvvisi, tutta la sua furia oppressiva.

Attraverso l’utilizzo di linguaggi periferici e invenzioni sceniche, ci si misura con un testo che ben si adatta alla nostra contemporaneità inquieta, spiata, telecomandata a tal punto da insidiare e minacciare l’individuo stesso. Il pubblico viene ‘chiamato’ ad una partecipazione voyeristica, complice un meccanismo spaziale che guida e manipola la visione dello spettatore.

Attraverso soluzioni tecnologiche e punti prospettici particolari,la percezione sonora e visiva dello spettatore lo rende pienamente partecipe del dramma, protagonista involontario di ciò che è chiamato a guardare: coinvolto e forse colpevole.

[oblo_image id=”2″]I Cantieri Teatrali Koreja, coerentemente alla loro poetica calata nel contemporaneo, hanno scelto un testo conforme alla contemporaneità, che, nelle posizioni espresse dalle politiche odierne, dimostra il massimo disprezzo per la dignità e le libertà fondamentali dell’individuo.

Simili temi fanno comunque, notoriamente, da sfondo all’opera di Harold Pinter, come dimostra anche l’attacco che l’autore sferrò, contro gli USA e Bush, nel suo bellissimo discorso, in occasione del conferimento del premio Nobel.

Nel prologo, la scena, un luogo metallico, astratto, pulito e insieme simbolicamente ‘sporcato’, è abitata da due figure femminili, doppi astratti dei personaggi (Ben e Gus), che creano un enigma di forza e fragilità, di crudeltà e di sottile comicità.

Le attese, la noia, le sequele interrogative si fanno movimento, corpo che danza in un vortice da musical noir. Poi spariscono, assorbite dalla struttura scenica, e anche il pubblico viene invitato a seguirle, ad attraversare lo spazio per ritrovarsi in un altro luogo, per spiare un altro luogo, questa volta più realistico, ma di un realismo che contiene in se tutto l’assurdo del testo Pinteriano.

Due letti in un “buco” di stanza, dove Ben e Gus aspettano i comandamenti di un’azione criminale, attraverso pizzini calati dall’alto, istruzioni senza significato, dialogando nel loro linguaggio dialettale. I due aspettano, in un’attesa riempita di parole, che tiene la violenza in un dialogare teso e scattante, costruito su ritmi in cui i silenzi contano quanto le battute.

A cinquant’anni dalla sua stesura, il Calapranzi continua a sfuggire alle maglie di un teatro di genere, ponendo interrogazioni senza tempo, interrogazioni che risuonano tra le mura di un sottosuolo: “A chi toccherà stasera”?

Il Calapranzi, di Harold Pinter
Napoli, Nuovo Teatro Nuovo – dal 28 al 30 aprile 2009
Info e prenotazioni al numero 0814976267 email botteghino@nuovoteatronuovo.it
Inizio delle rappresentazioni ore 21.00

Da martedì 28 a giovedì 30 aprile 2009
Napoli, Nuovo Teatro Nuovo
Cantieri Teatrali Koreja
presenta
Il Calapranzi
A chi toccherò stasera?
di Harold Pinter, traduzione Alessandra Serra
con Angela De Gaetano, Maria Rosaria Ponzetta, Fabrizio Pugliese, Fabrizio Saccomanno
scene, luci e suono Lucio Diana e Salvatore Tramacere
realizzazione scene Mario Daniele
tecnici Mario Daniele, Angelo Piccinni
regia Salvatore Tramacere

Durata della rappresentazione 60′ circa, senza intervallo

Lo spettacolo
The dumb waiter”, ovvero “Il Calapranzi”, scritto da H. Pinter nel 1957, fa parte della prima stagione drammaturgica dell’autore, dove quasi tutte le opere sono metafora di un solo meccanismo, quello della violenza: violenza sotterranea, quasi impalpabile, ma che manifesta con scatti improvvisi tutta la sua furia oppressiva.

Attraverso l’utilizzo di linguaggi periferici e invenzioni sceniche, ci si misura con un testo che ben si adatta alla nostra contemporaneità inquieta, spiata, telecomandata a tal punto da insidiare e minacciare l’individuo stesso.

Nella messa in scena il pubblico viene chiamato ad una partecipazione voyeristica, complice un meccanismo spaziale che guida e manipola la visione dello spettatore. Attraverso soluzioni tecnologiche e punti prospettici particolari, la percezione sia sonora che visiva dello spettatore lo porta a divenire complice pienamente partecipe del dramma, protagonista involontario di ciò che è chiamato a guardare: coinvolto e forse colpevole.

Nel prologo la scena, un luogo metallico, astratto, pulito e insieme simbolicamente ‘sporcato’, è abitata da due figure femminili, doppi astratti dei personaggi (Ben e Gus), che creano un enigma di forza e fragilità, di crudeltà e di sottile comicità. Le attese, la noia, le sequele interrogative si fanno movimento, corpo che danza in un vortice da musical noir.

Poi spariscono, assorbite dalla struttura scenica, e anche il pubblico viene invitato a seguirle, ad attraversare lo spazio per ritrovarsi in un altro luogo, per spiare un’altro luogo, questa volta più realistico, ma di un realismo che contiene in se tutto l’assurdo del testo Pinteriano.

Due letti in un “buco” di stanza, dove Ben e Gus aspettano i comandamenti di un’azione criminale. Pizzini calati dall’alto, istruzioni senza significato. Aspettano, dialogano nel loro linguaggio dialettale, calabrese Ben,duro, essenziale, alla disperata ricerca di un ordine che non torna in nessun modo, salentino Gus, stupito, tormentato, le interrogazioni che suonano nel prolungamento delle vocali.

Aspettano, in un’attesa riempita di parole che tiene la violenza in un dialogare teso e scattante, costruito su ritmi in cui i silenzi contano quanto le battute. A cinquant’anni dalla sua stesura, il Calapranzi continua a sfuggire alle maglie di un teatro di genere, ponendo interrogazioni senza tempo, interrogazioni che risuonano tra le mura di un sottosuolo. “A chi toccherà stasera”?

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