[oblo_image id=”1″] L’inizio è da predestinato. 6 vittore in altrettante panchine di serie A, 12 punti e ruolino di marcia immacolato nella prima stagione vissuta da condottiero. E’ troppo presto per celebrare Ciro Ferrara: il campionato è sbocciato, ora la classifica regala speranze senza emettere sentenze. Ma chi vuole affidarsi all’aria di fine estate si accorge che qualcosa è cambiato. Perchè è merito di quest’allenatore esordiente ma con l’esperienza di un capitano di lungo corso se la Juve è tornata a pensare in grande o se la cavalcata dell’Inter appare meno scontata rispetto alla scorsa stagione. Una rivoluzione silenziosa quella di Ciro il Grande che si racconta con i fatti e non con le parole, che spazia dalla tattica alla mentalità, dallo spirito alla scelta degli uomini. Provando a sintetizzare, ecco i principi del nuovo corso bianconero:

1. Ambizione ed umiltà: Nelle ultime stagioni, la Juve si era persa nella confusione di un decantato progetto che sembrava privo di un obiettivo chiaro e in definizioni ermeticamente infelici come quella di “camaleonte solido”. Già in estate, Ferrara ha messo ordine dichiarando apertamente che per storia e Dna, la Vecchia Signora deve puntare al vertice (”Non mi hanno chiesto lo scudetto perchè non c’era bisogno”) Ambizione necessariamente unita all’umiltà: il tecnico è consapevole di non disporre di una rosa galattica e proprio per questo ha chiesto ai suoi massima attenzione per evitare passi falsi negli impegni più facili mettendo così pressione alle rivali per il tricolore.

2. Spirito di gruppo: Dal suo primo giorno da allenatore, l’ex numero due di Napoli e Juve ha operato un piccolo capolavoro per ricucire, spronare, ricaricare ogni elemento del gruppo. Per vincere la battaglia, non si può sprecare nessuna risorsa: poche giornate sono bastate per recuperare gladiatori reduci da un periodo difficile come Trezeguet, Camoranesi o Cannavaro, per rigenerare chi sembrava essersi smarrito, per responsabilizzare i giovani come Marchisio e Giovinco (e ha già fatto assaggiare il campo a Luca Marrone). Tutti ora sembrano pronti a sacrificarsi per il bene della squadra: gli stessi giocatori ammettono come lo spogliatoio non fosse così unito da tempo.

3. Cambio di modulo e flessibilità tattica: La Juve si era incancrenita in uno schema rigido e invariabile. Ferrara ha puntato sul 4-3-1-2 per sfruttare al massimo Diego, il gioiello del mercato. Ma nelle prime apparizioni ha già sperimentato il 4-4-2 e il 4-2-3-1 denotando la virtù di sapersi adattare alle esigenze della partita. Anche la filosofia di gioco è cambiata: si punta sul possesso palla riducendo al minimo i lanci lunghi che inaridivano la manovra nelle precedenti stagioni e si adotta più saggiamente la tattica del fuorigioco garantendo maggiore protezione alla difesa.

4. Difesa del collettivo: Dopo il pareggio con il Bordeaux, il tecnico si è preoccupato di metterci la faccia per difendere la squadra con particolare attenzione verso gli elementi più bersagliati dalla critica. Il segnale è chiaro: i giocatori sanno di essere tutelati dalle pressioni dell’esterno. Sono lontanissime le polemiche dell’anno scorso con tecnico e calciatori protagonisti di risse verbali – e non solo verbali – come quelle registrate tra Ranieri e Trezeguet o Camoranesi.

5. Risultati: Finora Ferrara è stato accompagnato anche da quel pizzico di fortuna comune a tutti gli allenatori vincenti e che consente di portare a casa le gare più sofferte. Quattro gare sono insufficienti per scavare solchi in classifica, ma i risultati positivi aiutano a lavorare con serenità durante la settimane ponendo le basi per nuovi successi.

E pensare che qualcuno aveva accolto con distacco la nomina a nuovo tecnico bianconero ritenendolo inesperto. Ma come insegna Guardiola, il carisma pesa più della carta d’identità…

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