[oblo_image id=”2″]Nonostante tutto, la verità esiste, e da qualche settimana è in scena. Il Teatro Stabile Mercadante di Napoli ha prodotto uno spettacolo di seducente qualità: “Gomorra”, l’omonima rappresentazione teatrale tratta dal libro di Saviano.

8 Dicembre Roma, Teatro Valle; 9 Dicembre Spello (PG), Teatro Subasio; 11 Dicembre Scandiano (RE), Teatro Boiardo; e poi Prato, Pordenone, Como ed ancora altre quindici tappe che terminano, sicuramente non a caso, il 2 e 3 Febbraio al Teatro Diana di Salerno. Una lunga tournée per un Teatro dallo stile inedito e dal tema scottante.

Fin dalle prime battute la carica erotica dello spettacolo coinvolge il cittadino-spettatore al quale è consegnato il ruolo necessariamente attivo di riflettere sulla problematica dell’illegalità e sull’infiltrazione totalizzante della camorra nella vita di una società lontana dall’essere solo quella campana.

Il progetto nasce insieme al libro di Saviano. Di più. Si può affermare che i due momenti espressivi siano un’unica entità guidata dalla considerazione che “Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare”. Esprimere questa necessità è ciò che rende il Teatro di Gomorra, Teatro Civile. Connotazione che, incurante dei fossilizzanti dettami critici, è un dovuto riconoscimento al lavoro di questa coraggiosa Compagnia e del regista Mario Gelardi.

[oblo_image id=”1″]Una compagnia che affronta con molta bravura il compito, non semplice, di denunciare l’andazzo al quale in questi anni sono stati abbandonati i territori “della camorra” e come in questo pentolone malsano molti (moltissimi) inzuppino il proprio pezzo di pane. Guidati dalla performance, come sempre succulenta, dell’esperto Ernesto Mahieux, la restante giovane parte degli attori ha dato prova soprattutto di una cosa, necessaria e lodevole nel raggiungerla: trasmettere credibilità e forte “connivenza” con il messaggio trasmesso: la camorra è Morte, la Legalità è Vita, e che “Vita e Morte non sono la stessa cosa”. Ivan Castiglione (Roberto), Francesco Di Leva (Pikachu), Antonio Ianniello (Mariano), Giuseppe Miale di Mauro (Stakeholder), Adriano Pantaleo (Kit Kat), sembrano essere giovani presi da una Campania in perfetto stile Realista.

In un momento centrale della rappresentazione i quattro pilastri in scena, frutto di un’attenta quanto semplice scenografia di Roberto Crea, crollano e con essi, simbolicamente, vengono meno le fondamenta di uno Stato Civile da ricostruire partendo dalle basi della convivenza sociale, dove è il concetto stesso di legalità a dover essere rifondato. La legalità come collante sociale, come mezzo per abbattere le ingiustizie, strumento di controllo per l’uguaglianza sociale di fronte lo Stato; non come concetto astratto inverosimilmente utilizzato proprio da chi la legge la fa, per conservare i propri privilegi, o da chi la legge la evade, per prevaricare su chi della legge non può conoscere molto.

In definitiva, per quanto stiamo vivendo in prima persona come cittadini Italiani in quest’amara fase storica, “Gomorra” rappresenta una voce fuori dal coro. Un appello all’attivismo. La conferma che fin quando il Popolo non riacquisterà la centralità che gli spetta nella Vita Politica del proprio Paese, non ci sarai mai fine al peggio e ragazzi che sognano di fare i cantanti continueranno a morire sognando, stretti nella morsa di una criminalità senza rivali.

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