Dopo un primo piano dedicato alle piú grandi figure dell’arte lombardo-ticinese del XVII e del XVIII secolo, come Pier Francesco Mola e Giuseppe Antonio Petrini, la mostra vera e propria, ideata da Cristina Sonderegger, si apre al piano successivo con la scultura in gesso di Vincenzo Vela riproducente lo Spartaco. Seguendo un’impostazione rigorosamente cronologica, il percorso espositivo pone lo spettatore di fronte alle riflessioni di Antonio Ciseri e alle enormi tele di Antonio Barzaghi-Cattaneo, pregne di ideali romantici.

Ampio spazio è dedicato alla pittura di paesaggio, qui non solamente influenzata dal naturalismo lombardo di Filippo Carcano ed Eugenio Gignous (presenti con alcuni quadri), ma filtrata dalla lezione di Arnold Böcklin e dalla sua visione di una Natura dominatrice del destino dell’uomo.

[oblo_image id=”1″]Un’altra sezione della mostra è dedicata al cosiddetto movimento anti-accademico della Scapigliatura, di cui sono presenti opere di Tranquillo Cremona e Luigi Conconi, i quali hanno indubbiamente influenzato uno dei piú famosi artisti ticinesi a cavallo tra Ottocento e Novecento, ovvero Luigi Rossi: in questi tre artisti comune è la pennellata sciolta e veloce, la rarefazione dello sfondo e l’analisi psicologica dei personaggi. Figura dominante dell’Ottocento ticinese, in questa rassegna Rossi è presente anche con dipinti ispirati alla poetica simbolista: circoscrivibili a questo contesto sono anche le ultime opere di Filippo Franzoni e di Feragutti Visconti, nonché i ritratti dei piú famosi Cesare Tallone, Gaetano Previati e Giuseppe Pellizza da Volpedo. Nelle sale successive Rossi torna in compagnia di Vittore Grubicy, Emilio Longoni e Cuno Amiet quale esponente di quel gruppo di pittori divisionisti che da fine Ottocento proposero uno stile caratterizzato da “filamenti” brevi di colore puro.

[oblo_image id=”2″]In questo ambito è ascrivibile anche la serie di dipinti pre-futuristi di Umberto Boccioni, al quale sono dedicate quasi due sale al terzo piano della mostra: stilisticamente ancora lontane da quello che sarà poi conosciuto come Futurismo, queste tele mostrano comunque una precoce volontà in Boccioni di raffigurare il “nuovo” (treni, industrie, etc.). L’industrialismo imperante nei primi decenni del Novecento è sottolineato, inoltre, dalle ambientazioni quasi metafisiche in cui Achille Funi, Mario Sironi e Carlo Carrà inseriscono i loro personaggi.

Le ultime due sale sono “riservate” all’Espressionismo svizzero: le opere di Johannes Robert Schürch, Ignaz Epper e Fritz Pauli sono un’esplosione di colori che contrasta con i temi prediletti dagli artisti (come l’attenzione alla quotidianità dei meno abbienti), mentre i dipinti di Paul Camenisch, Albert Müller e Werner Neuhaus permettono al visitatore di godere di alcuni paesaggi ticinesi del Novecento. Chiude la mostra un dipinto di Cuno Amiet.

Insomma, un piacevole tuffo nel passato visitato attraverso le scelte estetico-artistiche di collezionisti (come le famiglie Chiattone e Milich-Fassbind) e direttori, che nel corso degli anni hanno in tal modo permesso alle città ticinesi di dare alla luce una tra le piú complete e affascinanti collezioni d’arte (la Collezione Civica e il deposito del Museo Cantonale d’Arte a Lugano, e la raccolta di opere del Museo Villa dei Cedri a Bellinzona).

COLLEZIONI IN DIALOGO. DA VINCENZO VELA A CUNO AMIET.
Museo d’Arte Moderna
Riva Caccia 5, Lugano (Svizzera)
Dal 28 ottobre 2007 al 30 marzo 2008
Martedì – venerdì 10-12/14-18; Sabato – domenica 11-18 (orario continuato)

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