abbiatiSapevamo che ci sarebbe stato da soffrire, speravamo nell’en plein e siamo andati più vicini al cappotto. Solo una squadra italiana approda alla seconda fase di Champions, il Milan, mentre Napoli e Juve rimangono con il rimpianto di ciò che poteva essere e non è stato. Tutte sono state vicine all’eliminazionee anche per ragioni diverse e non è un caso che solo il Milan abbia superato l’ostacolo. I rossoneri non sono più una corazzata, sono devastati da problemi, incongruenze tecniche e incertezze societarie, ma sono l’unica compagine italiana ad avere una mentalità europea. Quella che ti porta a limitare gli errori proprio quando sbagliare non è più consentito, a portare a casa il risultato stringendo i denti e puntando sull’esperienza quando non esiste domani. La squadra di Allegri ha retto lo 0-0 in inferiorità numerica per 70 minuti (sarà vero che Poulsen è medaglia d’oro, d’argento e di bronzo nelle Olimpiadi dei provocatori ma il fallo di Montolivo merita solo un impietoso velo) ritrovando un’inviolabilità difensiva che non si conosceva da tempo. Non ha mai incantato nel girone il Milan, però, ha saputo barcollare senza crollare nei match  d’andata con Celtic e l’Ajax. Non basterà per considerare i rossoneri tra i favoriti, ma la loro presenza negli ottavi è la conferma di un club che sa come ci si comporta in Europa.

higuainUscire con 12 punti nel miglior girone di Champions è durissima, farlo dopo una prestazione spettacolare come quella valsa il 2-0 con l’Arsenal è una stilettata al cuore. Al Napoli rimane la consapevolezza di aver dimostrato di essere un progetto solido destinato a raccogliere ancora di più in futuro. Fatale la differenza reti in una formula che continua a lasciare perplessi: il gol del Borussia a 3 minuti dalla fine col Marsiglia ha avuto le sembianze della beffa annunciata. Bravo patron De Laurentiis a sottolineare al termine della gara l’importanza di rimanere compatti e uniti intorno alla figura di Rafa Benitez: ci sono sconfitte che fortificano. Questa ne è un esempio.

conteLa Juve sapeva che giocandosi la qualificazione all’ultimo turno, poteva succedere di tutto. E tutto è successo e forse anche di più. Campo impraticabile? Certo. Inaccettabile la confusione di chi doveva decidere? Sicuro. Sfortuna? E non poca. Ma queste sono solo attenuanti, corresponsabilità, giustificazioni che non si adattano con lo stile della Vecchia Signora. In un girone modesto, la Juve ha vinto solo una gara contro i mediocri danesi del Copenaghen: ha commesso strafalcioni in ogni partita. Alla fine la parabola bianconera di questa Champions appare sinistramente analoga all’andamento di uno scolaro pasticcione che si riduce all’ultimo compito in classe per strappare la promozione: se la sorte non aiuta nell’ultima verifica non si può fare a meno di recitare il mea culpa per le insufficienze incassate prima.

Per partenopei e zebrati rimane l’Europa League con la tentazione di una finale da disputare a Torino: la rabbia per l’uscita dalla porta principale della Champions deve trasformarsi in determinazione per fare il proprio ingresso trionfale dall’entrata secondaria. Il Milan è atteso da un sorteggio da brividi: affronterà un top team a prescindere con la consapevolezza di aver fatto il proprio dovere. Per tutte c’è la speranza che il credito con la sorte che ci siamo meritati in questa prima fase, venga saldata quando inizieranno la sfida a eliminazione diretta.

Advertisement

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui