[oblo_image id=”1″]Un vecchio detto popolare pugliese recita “Fuggi da Foggia non per Foggia ma per i Foggiani” (evito la grafia originale per non incorrere negli strali, che comunque arriveranno, dei simpatici abitanti del luogo in questione). Chissà se Michele Placido da Ascoli Satriano (FG) si è mai chiesto se buona parte del suo essere, sempre e comunque, bastian contrario, non dipenda anche un po’ dal luogo d’origine. Di sicuro, non dall’etimologia del cognome.

Carattere a parte, di certo si è mostrato sensibile al “richiamo della foresta”, visto l’entusiasmo con cui ha accettato, pur sommerso di impegni, di fare da presidente di giuria per l’edizione di esordio dell’ItaliaFilmFest di Felice Laudadio che si svolge in questi giorni tra Bari e Lecce. Un entusiasmo che è andato al di là della poltrona “vaticinatoria”, e che stamattina è dilagato in una seguitissima lezione di cinema preceduta dalla proiezione del suo “Un eroe borghese”. Un film politico sulla morte del giudice Ambrosoli, si disse al tempo. E anche adesso. Ma a queste definizioni il bastian contrario scatta in piedi. “Io faccio film politici perché mi sento dalla parte di chi subisce le ingiustizie e non per appartenenza ad un credo politico particolare, Ambrosoli era un monarchico. Credo che questo dipenda anche dal fatto che siamo meridionali, sempre un po’ esclusi. Quando ad esempio sono arrivati gli albanesi per noi è stato del tutto naturale accoglierli”.

Lo potremmo definire l’occhio del Sud, quello che guarda gli emarginati, i solitari. Un po’ come in “Romanzo Criminale”, un po’ come probabilmente sarà ne “Il grande sogno”, il film (ormai in fase di montaggio) con cui Placido ha deciso di raccontare a modo suo il ’68, attraverso le facce del poliziotto Riccardo Scamarcio, dello studente Elio Germano, dell’operaio della Fiat Luca Argentero. “Il grande sogno – racconta Placido è un film autobiografico e ci mostra un protagonista che arriva a Roma alla fine degli anni ’60 perché vuole frequentare l’accademia di arte drammatica e per mantenersi si arruola nella polizia e viene coinvolto negli scontri con gli studenti che hanno influenzato e cambiato il corso della mia vita”. E chissà come quell’occhio del Sud “vedrà” il progetto che Placido ha in mente su Renato Vallanzasca e sulla Milano degli anni Settanta, quando “cominciava ad affiorare la crisi di un certa politica nazionale”. E poi Placido ha espresso un suo altro grande sogno: vedere un giorno un film sulla P2, “la chiave di tutti i misteri del nostro Paese degli ultimi trent’anni”.

Ma non c’è solo l’occhio di chi guarda lontano, c’è anche l’orgoglio di chi sa di avere l’oro in casa. “E’ arrivato il momento di dire basta al provincialismo. Per chi vuole fare cinema non c’è solo Roma – ha detto Placido In questi giorni ad esempio ho suggerito alla Apulia Film Commission (che sta svolgendo un grande lavoro sia per questa manifestazione sia per la promozione del territorio attraverso le agevolazioni alle produzioni di cinema e fiction che intendono ambientare le loro storie in Puglia) di incentivare la formazione di attori, registi, sceneggiatori e tecnici del luogo in modo che si possa presto arrivare a realizzare un film con una troupe completamente pugliese. Placido – che ieri sera è andato a Enziteto San Pio – quartiere particolarmente disagiato di Bari – dove ha incontrato i ragazzi dell’Accademia del Cinema Enziteto – e si è reso disponibile a collaborare ancora a questo tipo di iniziative che si augura possano diventare dei laboratori permanenti e non solo eventi sporadici: “Il mio sogno è di poter regalare la mia esperienza a che vuole fare questo lavoro.

In attesa del verdetto di domani, la giornata odierna ha regalato al pubblico uno dei momenti più belli del Festival: il regalo che l’Istituto Luce ha voluto fare all’ItaliaFilmFest con la proiezione in anteprima de La Rosa di Bagdad, il primo film d’animazione italiano, realizzato nel 1949 da Anton Gino Domeneghini. «Un’importante operazione di recupero culturale, – afferma Luciano Sovena, presidente dell’Istituto Luce – per un film che ha avuto una lavorazione complessa durante gli anni del secondo conflitto mondiale. Una vera opera d’arte commercializzata all’estero e doppiata per l’edizione in inglese da Julie Andrews nel 1952». Un’operazione di restauro impegnativa, resa possibile alla fine degli anni Novanta grazie al contributo del Comune di Milano, che ha aderito all’iniziativa Adotta un film – 100 film da salvare. «Un progetto cui però non hanno aderito molti comuni in Italia. – continua Sovena Diversamente avremmo potuto salvare molti più film». La rosa di Bagdad sarà distribuito dal Luce a marzo e subito dopo in Blu-Ray (primo film d’animazione italiano ad alta definizione), insieme al documentario realizzato da Massimo Becattini, “Una rosa di guerra”, che ricostruisce la singolare e affascinante vicenda del film.

Penultima notte di Festival, qui in Puglia. Almeno per quest’anno, visto che Laudadio è già al lavoro per l’edizione numero 1 (visto che questa era solo una sperimentazione, almeno per lui…). Notte insonne, per chi deve attendere il verdetto delle 13.30 di domani al Kursaal Santalucia. Ma un sonno tranquillo per chi già sa che, comunque vada, il primo festival pugliese del cinema è stato un successo.

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