[oblo_image id=”1″] 8 Agosto 1981, nasce il più grande tennista di tutti i tempi. Per chi scrive, c’è la fortuna di essere contemporanei di Roger Federer e la rassicurazione che altri capitoli andranno ancora aggiunti all’epopea di un fuoriclasse unico. Il talento gli ha consentito di vincere più di chiunque altro: 17 tornei del Grande Slam, 7 Wimbledon, tutti i Master 1000, record di permanenza come numero 1 del ranking Atp. Il carattere gli ha permesso di dominare in un modo splendidamente normale: mai una bizza da star, un equilibrio quasi inspiegabile per chi sembra avere qualcosa di sovrannaturale con una racchetta in mano. E anche l’ultima cartolina da Londra racconta la persona ancora più del personaggio. Stravolto per la maratona in semifinale contro Del Potro, all’atto conclusivo delle Olimpiadi Federer cede nettamente in finale a Murray che riscatta così la delusione patita a Wimbledon. Roger avrebbe potuto scegliere a suo piacimento la scusa più credibile per giustificare la sconfitta: la stanchezza per il match precedente, il pubblico che spingeva per il rivale, i problemi alla schiena emersi poche settimana prima. Ed invece rimane sul podio a coccolare la medaglia (“un argento per la mia Svizzera di cui vado fiero”) e commenta la partita nel modo più semplice: “Andy è un campione straordinario e oggi ha giocato molto meglio di me”. In quella leggerezza con cui accoglie una sconfitta, c’è tutto Federer. La classe con cui regala delizie con la racchetta, è la stessa con cui si è fatto amare da un’intera generazione di appassionati. Ha sgretolato il clichè del campione arrogante, egocentrico, consapevolmente antipatico. Auguri Roger. E grazie.

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