[oblo_image id=”1″] In mostra alcuni dei suoi più celebri bianchi e neri, che documentano il suo incessante lavoro di indagine sul mezzo fotografico e dimostrano la modernità della sua visione.
Trovano spazio tutti i temi indagati dal celebre fotografo americano, dai nudi ai paesaggi, attraverso una galleria di ritratti e di oggetti trasformati dall’artista in icone surrealiste e postmoderne. Spesso direttamente paragonata alla pittura e alla scultura, la fotografia di Weston è l’espressione di una ricerca ostinata di purezza: l’autore indaga il soggetto nella sua quintessenza, eleggendolo a metafora visiva degli elementi stessi della natura.

Dice di lui Filippo Maggia, nel catalogo edito da Skira: “comprende immediatamente quanto importante e determinante sia la conoscenza del mezzo tecnico per poter restituire le forme del reale senza ulteriori additivi, con la consapevole presunzione che quelle forme debbano prima trovare la loro completezza estetica nella mente […] La curiosità, peculiarità tipica dei fotografi, lo invita a esplorare tendenze artistiche emergenti in quegli anni -come il cubismo-, a guardare e studiare altre culture -il Giappone e il modernismo espresso dai fotografi del Sol Levante-, a risiedere in un altro Paese -il Messico- respirandone a fondo il clima rivoluzionario di quegli anni con tutte le sue contraddizioni ed eccessi, condividendo il quotidiano vivere con importanti artisti locali e l’eco surrealista che rimbalzava dall’Europa già in subbuglio […] Il mondo reale, se è già chiaro ai nostri occhi e se noi riusciamo a riconoscerne le forme, non abbisogna di artifizi per essere riprodotto: sia esso il volto di un uomo o una donna, una “olla” o un “jugete” di un qualsiasi artigiano, il cuore di un carciofo o una coppia di funghi, è nella nostra mente che essi diventano sculture dallo sguardo superbo, oggetti che paiono animarsi da sé o verdure eleganti oppure svogliate. Il fotografo deve restituirli come sono e per ciò che in quel momento essi significano”.

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