Quante volte avete sentito dire frasi del tipo: “I giovani vanno fatti crescere con calma” oppure “se gli vengono date troppe responsabilità si rischia di bruciarlo” o ancora “ha talento ma non bisogna avere fretta”? La scuola di pensiero del nostro calcio sembra un inno alla prudenza. Appena si trova una promessa di belle speranze, la preoccupazione maggiore diviene quella di centellinarne l’uso. Un’anomalia tutta italiana, almeno a vedere quello che avviene nel resto dell’Europa.

Prendiamo come punto di riferimento le squadre che si sono qualificate per la seconda fase di Champions League. La nazione regina rimane l’Inghilterra che si presenta agli ottavi con quattro formazioni. Ebbene, pure nel campionato continentale più ricco, puntare sui giovani è diventato un must. L’Arsenal che guida anche la Premier League si è subito consolato per la cessione di Henry affidandosi ad una nidiata di ragazzini terribili guidati da un maestro come Arsene Wenger. Su tutti va ricordato il ventenne fenomeno spagnolo Fabregas, ma da Diaby a Walcott, da Leeb a Van Persie, è sempre la linea verde a comandare. Il Manchester ha investito pesantemente sul mercato, ma non per campioni già affermati e noti al grande pubblico. In questo scorcio di stagione è esploso il talento di Nani, centrocampista che abbina tecnica e velocità. All’Old Trafford sono convinti di aver fatto un grande colpo come quello che ha portato ai red devils Cristiano Ronaldo, uno che come Rooney sembra già un veterano ad appena 22 anni. Anche il Liverpool non è rimasto indifferente al fascino di scommettere sui campioncini da valorizzare. Il nome nuovo è quello di Ryan Babel, ala olandese dai mezzi fisici travolgenti.

Che dire poi delle due regine di Spagna. Il Real ha speso con generosità sul mercato ma non si è lasciato sfuggire l’occasione di prendere due talenti made in Holland come Sneijder e Drenthe. Il Barcellona preferisce, invece, puntare sui giovani di casa. Se ormai prodotti del vivaio come Iniesta, Puyol o Xavi sono colonne dei blaugrana, il pubblico del Camp Nou già impazzisce per le prodezze dei baby fenomeni. Bojan Krkic ha appena 17 enne ma ha già iscritto il suo nome tra i marcatori della Liga e della Champions League. Discorso analogo va fatto per l’estroso 18enne Giovani do Santos. Secondo molti, sarà lui a prendere il posto di Ronaldinho qualora il brasiliano lasciasse la Spagna.

Il nostro giro per l’Europa si conclude con il Lione. La coppia d’attacco formata da Benzema e Ben Arpa ha già conquistato i favori del tecnico della nazionale transalpina Domenech.

E in Italia? No, in Italia i giovani devono maturare con calma. Quindi i talenti dell’under 21 sono costretti ad accontentarsi dei ritagli come Giovinco oppure ad emigrare come Giuseppe Rossi, incredibilmente lasciato andare al Villareal per un cifra tutt’altro che esosa. Poco importa se poi riescono a sfruttare le poche occasioni che vengono loro concesse regalando gol o addirittura poker come è avvenuto nell’ultimo turno a Pozzi. Le grandi del nostro calcio continuano a snobbare i giovani, soprattutto se hanno l’aggravante di essere italiani. Il rischio è che tanti rimangano nella condizione di promesse senza mai raggiungere la definitiva consacrazione. Eccezioni o cambi di tendenza? Forse ora con Pato, pagato oltre 20 milioni di euro e, a giudizio pressoché unanime, tra i più seri candidati a diventare il nuovo Kaka. Sperando che almeno nel suo caso non ci sentiremo ripetere che i giovani hanno bisogno di tempo, che non bisogna strafare, ecc. Per tornare ad essere il campionato più bello del mondo, la serie A necessita anche di un pò di coraggio e fantasia negli investimenti.

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