[oblo_image id=”1″] Si era identificato talmente con la propria squadra da incarnarne l’essenza. Tonino Carino da Ascoli è diventato celebre per i servizi di 90° minuto sui marchigiani: commentava i filmati con uno stile inconfondibile tra parole mangiucchiate, pronunce improponibili di giocatori stranieri, imprecazioni per problemi tecnici che sporcavano le immagini. Eppure, non era solo un personaggio da macchietta. Era l’espressione di un calcio di provincia semplice, ancora genuino che sembrava sorprendersi nel vedere la propria piccola formazione sfidare le grandi del nostro campionato. Autoironico, sapeva fare le cose seriamente senza mai prendersi troppo sul serio. Era l’ideale spalla di Paolo Valenti, che si divertiva a punzecchiarlo come un maestro severo ma rapito dall’allievo che condivideva l’amore per lo stesso lavoro. E’ giusto  ricordare che alla popolarità era giunto dopo anni di onorata gavetta affrontando anche tematiche spinose: cronaca locale, inchieste scottanti come quella sulle infiltrazioni delle Brigate Rosse nelle Marche. Dopo 90° Minuto si è defilato con garbo: nessuna recriminazione, nessuna lamentela per il mancato spazio sulle reti pubbliche. Se ne è andato a 65 per un brutto male diagnosticato poco più di sei mesi fa: i marchigiani lo ricordano fieramente come un esportatore della simpatia e dell’intraprandenza della loro terra. Ma anche il giornalismo sportivo gli deve il giusto tributo per le sue cronache così imperfette e allo stesso tempo affascinanti: racconti di un calcio che non c’è più. E ripensandoci, la nostalgia prende il sopravvento.

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