C’è tempo fino a domenica 16 luglio per ammirare le 160 opere che compongono il percorso espositivo sul pittore Giovanni Boldini, allestito presso il Complesso del Vittoriano a Roma.

Ferrarese di nascita ma praticamente parigino d’adozione, l’artista visse intensamente il periodo fastoso della Belle Époque che caratterizzò la capitale francese all’inizio del Novecento, riuscendola così a rappresentare nel migliore dei modi.

Amatissimo dalle dame della nobiltà o dell’alta borghesia che amavano farsi ritrarre con abiti sfarzosi in tutta la loro bellezza, Boldini dimostrò ben presto anche fuori dai confini nazionali la sua capacità di immortalare sulla tela atteggiamenti, pose, lineamenti del volto, espressioni e addirittura la qualità e le pieghe delle stoffe degli abiti da gran sera.

Se in certi quadri lo stile con le pennellate a frusta ricorda un po’ quello di Degas (di cui era un grande estimatore), in altri egli non si ispira a nessuna corrente artistica particolare, prediligendo sempre il genere del ritratto nel corso di tutta la carriera rispetto ai paesaggi e alle nature morte. In mostra comunque non mancano neppure esempi di queste ultime tipologie, come il suggestivo “La colonnade di Versailles” o la composizione che vede protagonista assoluto solo un gruppo di fiori rosati dalle innumerevoli sfumature.

Quelli passati alla storia e che suscitano probabilmente più emozioni, però, rimangono i ritratti femminili, sia di piccolo che di grande formato, dietro ai quali si celano a volte pure vicende travagliate. Questo è il caso del celebre ritratto di Donna Franca Florio (1901-1924), di cui esistono addirittura due versioni: la prima infatti, che si può vedere al Vittoriano, non piacque al marito imprenditore della dama, che la giudicò troppo sfacciata e seducente nell’insieme, ordinando pertanto al pittore di comporne un’altra dalla posa più “classica”. Boldini però si rifiutò di distruggere e di non terminare il primo ritratto, che fra l’altro piaceva molto anche a Donna Franca stessa: esso fu completato nel 1924 divenendo non solo un simbolo della Belle Époque ma anche di una Palermo più moderna e al passo coi tempi, dal momento che i Florio erano originari della città siciliana.

Una storia altrettanto travagliata è quella della vita di Lady Colin Campbell, alla quale il marito non volle mai concedere il divorzio e che fu accusata di adulterio persino dai domestici del proprio palazzo, suscitando grande clamore attorno a sé. Boldini non perse l’occasione di immortalare la bellezza della donna che alla morte dell’ex marito, finalmente libera, riuscì a diventare una giornalista di talento.

Boldini dovette affrontare delle difficoltà non minori nel realizzare il ritratto del musicista-compositore Giuseppe Verdi, ritroso nel posare e sempre accompagnato alle sedute dalla moglie petulante Giuseppina Strepponi e dal direttore d’orchestra Emanuele Muzio, con cui era solito discutere ininterrottamente di lavoro. Sebbene fosse stato difficile concentrarsi, il risultato che l’artista raggiunse anche in tale frangente fu buono, ma l’autore ritenne il quadro (ora appartenente alla casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi) troppo convenzionale e volle realizzare un altro ritratto di Verdi con la tecnica del pastello, terminato in sole 4 ore a riparazione del precedente.

A prescindere dal soggetto che aveva davanti, comunque, Boldini aveva come il potere di svelare l’animo segreto che si celava dietro alle figure femminili o maschili che dipingeva, emancipandole in contemporanea dai canoni dettati dalla società di allora.

Per ricevere ulteriori informazioni su orari e costi dei biglietti per la visita, collegarsi al sito www.ilvittoriano.com o contattare l’infoline al numero 068715111.

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