[oblo_image id=”1″]In base ad un’indagine svolta da Associated Press presso vari laboratori americani ed europei negli ultimi dieci anni, i tag RFID (Radio Frequence Identification), microchip leggibili con sensori radio, potrebbero essere cancerogeni se usati sotto pelle.

I dati sono ancora incerti, tuttavia dopo tante buone parole spese in passato sulle potenzialità e l’utilità (indubbia a livello industriale e commerciale grazie all’immediatezza di scansione rispetto ai comuni codici a barre) dei dispositivi RFID, emergono alcune perplessità.

Secondo alcuni esperti infatti il microchip RFID, impiantato tramite iniezione sottocutanea negli animali domestici e, da poco, anche negli umani per favorirne il riconoscimento, provocherebbe il cancro.

L’articolo della AP ha destato dubbi e timori nel mondo scientifico in quanto è difficile estendere agli uomini ricerche oncologiche sviluppate negli animali. Inoltre ancora non esiste una percentuale affidabile di animali senza microchip che hanno sviluppato ugualmente il tumore da equiparare. Ad ogni modo, ciò che i veterinari francesi hanno scoperto è che i tumori maligni e i sarcomi negli animali col chip si sviluppano attorno al dispositivo stesso con una casistica del 4,1%, in altre parole un animale ogni 25 a cui è stato impiantato il sensore radio sottocutaneo svilupperà il cancro. Di fatto, ratti e topi sui quali, nel corso degli studi presi in esame, sono state impiantate delle etichette a radio frequenza hanno mostrato uno sviluppo del cancro variabile tra l’1% e il 10% della popolazione in esame.

Secondo Keith Johnson, tossicologa ex dipendente di Dow Chemical: “Erano i transponder la causa del tumore”. Nel novembre 2004 la FDA (Foof and Drug Administration) americana ha approvato l’uso medicale dei tag RFID con impianti sotto cutanei. Già da tempo sono inoltre utilizzati per il riconoscimento e identificazione di animali domestici. La società VeriChip, che ha già installato tag RFID in 2000 persone, spiega di fatto che sonomilioni i cani e gatti che hanno subito un impianto senza mostrare conseguenze. Inoltre minimizza le conclusioni degli studi spiegando che ratti e topi sono animali soggetti a maggior rischio di cancro dopo un’iniezione rispetto a qualsiasi altro animale da laboratorio.

L’articolo della Associated Press ha preso avvio dalla caparbietà di una donna statunitense, rimasta anonima, attivatasi per scoprire la reale causa del tumore che aveva causato la morte del suo animale domestico, un bulldog francese al quale era stato impiantato sottopelle un dispositivo di riconoscimento RFID.

Dopo aver speso una fortuna in cure mediche e dopo aver evitato la cremazione del corpo dell’animale, la donna si rivolse dapprima ad uno staff di ricercatori italiani, che acconsentirono ad analizzare il tessuto canceroso al fine di risalire alla causa dello stesso (i risultati dello studio sono documentati col titolo: “Fibrosarcoma with Typical Features of Postinjection Sarcoma at Site of Microchip Implant in a Dog: Histologic and Immunohistochemical Study.” E sono apparsi sul sito www.vetpathology.org).

La ricerca tuttavia, sebbene avvalorasse l’ipotesi della donna, non costituì una prova scientifica sufficiente e l’interessata continuò la sua indagine privatamente, fino a destare l’attenzione della stampa.

Le notizie ed i dati tecnici riguardanti l’effettiva relazione tra gli impianti RFID sottocutanei e lo sviluppo del cancro sono ancora discutibili e frammentari, tuttavia hanno spinto l’opinione pubblica venutane a conoscenza a riflettere sull’utilizzo indiscriminato di questi dispositivi che costituiscono indubbiamente, se regolati (anche dal punto di vista etico e di privacy), un’innovazione tecnologica senza precedenti.

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