Prandelli
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Prandelli: analisi di un disastro

Di buono c’è il fatto che paradossalmente basterà un pareggio con l’Uruguay per passare il turno. Ma la sconfitta dell’Italia con il Costa Rica è tutt’altro che casuale. Troppo semplice bollarla come un beffardo gioco del destino che si diverte a ribaltare pronostici e gerarchie; ingeneroso scomodare la sfortuna. La realtà è che il Costa Rica ci è stato superiore fisicamente (e si sapeva: fino a questo momento gli scontri tra formazioni europee e quelle del continente americano sono decisamente a favore di quest’ultime) ma ci ha surclassato anche tatticamente. E su questo aspetto siamo colpevoli senza attenuanti.

Gli errori di Prandelli

La vittoria con l’Inghilterra ha illuso quando alcuni difetti erano già evidenti. Siamo tra le nazionali con un numero minore di giochi offensivi del mondiale con un’inflazione di mediani centrali e una cronica mancanza di esterni. Il palleggio lento ha come uniche soluzioni la verticalizzazione di Pirlo o la sovrapposizione di Darmian: Hogdson era riuscito a farsi sorprendere per 90 minuti, il Costa Rica no. Come se non bastasse, rimane inspiegabile perché l’Italia per mantenere questo schema che demineralizza il nostro gioco accetta di schierare più elementi fuori ruolo. Da Marchisio costretto a giocare al largo a Darmian spostato di fascia per fare posto ad Abate (avessi detto Maldini…) per non parlare dell’oggetto misterioso Thiago Motta, stanco ancora prima del fischio d’avvio dell’arbitro e primo brasiliano di nascita della storia a soffrire il caldo.

I tentativi di correzione di Prandelli

E vedendo che le cose non andavano, Prandelli ha cambiato ma sempre senza cercare un filo logico. Da una punta a quattro punte tenendo fuori l’unico che aveva la grinta e la condizione per dare una scossa alla squadra: Immobile. Se vuoi una reazione caratteriale non punti su Cassano e Insigne; se improvvisamente inserisci attaccanti senza soluzione di continuità dai al gruppo la sensazione di star navigando in mare aperto senza bussola.

La consolazione come detto è che basta un pareggio con un Uruguay tutt’altro che irresistibile sospinto dal solo Suarez. Ma sarebbe il caso di fare un pò di sana autocritica perché dopo mesi di preparazione, di adattamento, di selezioni, non è possibile prendersela con il clima (si sapeva che il Brasile ha una temperatura più mite della Siberia) o parlare di episodi sfortunati. L’aiuto della dea bendata va cercato con testa, cuore e gambe. Contro il Costa Rica sono mancati tutti e tre questi elementi.

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