Michael Jackson Thriller
Michael Jackson Thriller
Michael Jackson Thriller: più che una svolta, l’album della rivoluzione

Wanna Be Startin’ Something, Baby Be Mine, The Girl Is Mine, Thriller, Beat It, Billie Jean, Human Nature, P.Y.T, The Lady In My Life. Non è la tracklist di un greatest hits: è la scaletta di un album di inediti che più di ogni altro avrebbe stravolto il corso dell’industria discografica e dello showbiz. Era il 1982, e a Quincy Jones si deve una delle più colossali intuizioni della storia del pop: Thriller, di Michael Jackson. Sessantasei milioni di copie vendute, record di settimane consecutive in vetta alla classifica Billboard (nella quale restò per un totale di oltre due anni e mezzo), ventinove dischi di platino negli Stati Uniti, dodici nomination e otto Grammy aggiudicati (altro record tutt’ora ineguagliato per un solo album). Ad oggi, Thriller rimane l’album in assoluto più venduto nella storia della musica.

Più di Elvis, più dei Beatles, più dei Rolling Stones. Thriller è il fondamento su cui poggiano saldamente le basi di tutto quello che è accaduto nell’industria del pop negli ultimi trent’anni. Una produzione leggendaria, in cui Quincy Jones – un po’ sound designer, un po’ direttore d’orchestra – infonde un concentrato di genialità e tecnica da studio, oltre a coinvolgere nel progetto pesi massimi del calibro di Toto, Eddie Van Halen e Paul McCartney. Che Thriller, per gli anni 80, rappresenti l’anello di congiunzione tra il pop e la pop art lo dimostra l’inclusione del 2008 nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti in qualità di “tesoro nazionale”.

Non è r&b, non è disco, non è funk, non è rock, e non è nemmeno pop. Thriller è tutto e nulla di quello che il mondo aveva ascoltato fino a quel momento. Con Wanna Be Starting Something e P.Y.T, Michael Jackson prende per mano i ritmi da club afroamericani e li conduce in un nuovo decennio, in cui la disco si trasformerà – anche e soprattutto grazie a lui – in un fenomeno dai connotati sempre più elettronici, veloci, febbrili. Con Baby Be Mine si lascia andare alla nostalgia di quegli anni ‘70 che il mondo non si era ancora completamente lasciato alle spalle. Con The Girl Is Mine strizza l’occhio al pop d’autore bianco, sobrio e sofisticato, confezionato con l’apporto di un altro intoccabile della storia del genere – Paul McCartney – in un duetto che, se all’epoca poteva sembrare un passaggio di testimone, oggi, a posteriori, ha la stessa valenza di un film in cui Robert De Niro e Al Pacino si trovano a recitare fianco a fianco.

Il capolavoro, tuttavia, non sarebbe tale se non fosse per il tridente d’attacco: Thriller (la title track), Billy Jean e Beat It. Basta una frazione di secondo, un battito di cassa e rullante a qualsiasi ascoltatore per riconoscere il marchio di fabbrica unico e irripetibile impresso da Quincy Jones nella produzione di tre gemme che, in quegli anni, stavano alla musica come gli effetti speciali di George Lucas stavano al cinema. In studio Jacko era una macchina da guerra: marchiava a fuoco gli arrangiamenti dei brani con il suo personalissimo timbro vocale, registrava decine – se non centinaia – di sovraincisioni vocali per dare il groove e impreziosire le ritmiche, con quella tecnica che più avanti, nell’Hip Hop, verrà battezzata come “beatboxing”, e di cui Michael è il padre legittimo.

L’incantesimo non si ferma al microfono. Dietro una telecamera e su un palco scenico, Michael Jackson , se possibile, era ancora più sconvolgente. A distanza di trent’anni, quello di Thriller – un vero e proprio cortometraggio – è ancora universalmente considerato il videoclip musicale per eccellenza, e con la trovata delle mattonelle che si illuminano al passare del Re del pop, quello di Billy Jean può essere tranquillamente considerato il secondo nella lista. In tournée, poi, il sold out era dato per scontato ogni sera: file chilometriche ai botteghini per poter assistere allo spettacolo del moonwalk, la “camminata lunare” che sarebbe diventata il passo di danza più famoso e imitato di sempre, anche più del funky chicken di James Brown o delle mosse di John Travolta sulla disco dei Bee Gees.

A quei tempi, il peso schiacciante della celebrità e di un’infanzia problematica non sembravano ancora avere la meglio sulla personalità di una delle più grandi icone popolari di fine millennio. I guai giudiziari e l’enigmatica questione della pelle nera che con gli anni diventava sempre più chiara, dovevano ancora arrivare. Come Thriller, nella carriera di Jacko e nella storia del pop, non ci sarebbe più stato nient’altro. Di lontanamente paragonabile, nella sua discografia, c’è solo Dangerous. Pubblicato nel 1991, prodotto da Teddy Riley, vendette un totale di 33 milioni di copie e, artisticamente, servì come benedizione impartita al movimento New Jack Swing dal suo sommo ispiratore.

Dangerous, tuttavia, era la personalissima interpretazione di Jacko di qualcosa che aveva sì ispirato, ma di cui non era stato ufficialmente creatore. Un disco fantastico, ma perfettamente in linea con gli standard dell’r&b in voga in quegli anni. E’ Thriller la vera rottura, l’album che a distanza di trent’anni suona ancora contemporaneo, che sfugge a qualsiasi catalogazione che non sia quella della pop art. Rolling Stone lo omaggia piazzandolo al ventesimo posto della sua classifica dei migliori 500 album della storia. Forse, avrebbe meritato di sedere sul podio, ma non è certo un piazzamento simile ad oscurarne la leggenda.

Michael Jackson Thriller 20° posto di Rolling Stone. Un pò poco per l’album che ha cambiato la storia?

Sito Michael Jackson Thriller : http://www.michaeljackson.com/it ( Michael Jackson )

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