thohirEra il 1980 e mentre l’Inter si laureava campione d’Italia con i gol di Altobelli e gli assist di Beccalossi, i Ricchi e Poveri spopolavano cantando “Che confusione, sarà perchè ti amo“. A distanza di oltre 30 anni, il ritornello echeggia ancora vicino alla società nerazzurra: non sempre però il caos porta lo stesso inebriante entusiasmo. Ai nastri di partenza del campionato, l’Inter era aspettata al varco: un annus horribilis da cancellare, una nuova proprietà, un nuovo allenatore, un nuovo progetto. Tutto nuovo, insomma, tranne ciò che conta per davvero perché l’organico appare sinistramente troppo simile a quello che habucato completamente la passata stagione. Magari sono timori eccessivi ma la sconfitta del San Paolo sembra qualcosa di più di una battuta d’arresto: il problema non è che la nave venga sballottata dalle onde quanto che non si sia noto  quale sia la rotta da seguire.

Il defilarsi di Massimo Moratti era stato accompagnato dalla speranza che al passo indietro del patron corrispondesse un intervento deciso del nuovo proprietario. Invece la vera novità portata da Thohir è che per la prima volta ci troviamo di fronte a un magnate asiatico che rileva una società senza voler investire – si spera solo inizialmente – per rinforzare la squadra sul piano tecnico. Autofinanziamento è la parola d’ordine e in nome del nuovo diktat, si pensa alla cessione di Guarin: uno dei pochi che per età e qualità, potrebbe recitare un ruolo da protagonista anche in un’Inter pronta a tornare nell’ èlite  del calcio nazionale e continentale. Come aggravante, dalla data ufficiale d’insediamento del proprietario indonesiano, sono arrivati solo pareggi e sconfitte: dando ascolto alle battute che circolano nei bar all’ombra del Duomo si deve ammettere che al momento, tra le tante qualità di Thohir non si prefigura quella di portafortuna ufficiale del club.

Si faceva, e giustamente si continua a fare, grande affidamento sulla figura di Walter Mazzarri, un tecnico che vanta un curriculum immacolato avendo raggiunto gli obiettivi in ogni piazza in cui è stato chiamato all’opera. Il tecnico livornese sembrava aver trovato il giusto spartito imponendo la cultura del lavoro, recuperando elementi dati per desaparecidos come Alvarez e mantenendo un basso profilo per proteggere la squadra. Tuttavia, la partita con il Napoli e le dichiarazioni che ne sono seguite, mostrano come il tecnico sia ancora lontano dal vedere in campo l’Inter che vorrebbe. Mazzarri si è detto “più che soddisfatto della prova dei suoi ragazzi” sostenendo che “hanno comandato il gioco per tutti e novanta i minuti, concedendo agli avversari soltanto il contropiede”. Il problema è che proprio ripartire in velocità rimane la caratteristica migliore della banda di Benitez, che non si è fatta problemi a concedere il possesso palla ai nerazzurri per poi scatenare la tecnica e la rapidità dei propri attaccanti negli spazi generosamente lasciati incustoditi nella metà campo di Handanovic. Un pò come se un tennista si vantasse a fine partita di aver attaccato Nadal “costringendolo” a giocare solo passanti di dritto da fondo campo, sorvolando che proprio quello è il colpo preferito dall’asso spagnolo. Non è giusto puntare l’indice sull’allenatore, altri suoi colleghi hanno giustificato i risultati negativi dell’ultima domenica rifugiandosi nella frase “ci è mancato solo il gol” dimenticando che il gol in questo gioco chiamato calcio non sia esattamente un dettaglio.

Scivolose, al contrario, le frecciatine a Tagliavento: “quest’anno abbiamo perso due partite, in entrambe  ci ha arbitrato lui”. Troppo facile ridurre tutto agli eventuali errori della giacchetta nera mentre l’analogia più significativa tra le due sconfitte è quella legata al canovaccio tattico. Si sapeva che la Roma era letale negli spazi e l’Inter si era fatta infilare per tre volte in un tempo in contropiede. Era noto che il Napoli fosse devastante con le combinazioni palla a terra e nulla è stato fatto per opporsi ad un copione che sembrava già scritto. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ecco, perché l’Inter deve fare chiarezza: capire chi comanda, quali obiettivi sono stati messi in agenda per il futuro immediato e quali con una scadenza più lontana. Il prossimo impegno è il derby: pochi giorni per spazzare via la confusione e ridare una direzione a una stagione che rischia di sfuggire di mano. Perché sarà vero come cantavano i Ricchi e poveri che l’amore porta confusione, ma non è detto che la confusione conduca a giorni felici.

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