A Corrado d’Elia non interessa interpretare Don Chichotte, il mitico personaggio folle e visionario di Cervantes, ma evocarlo, lasciare quindi lo spettatore libero di immaginare e soprattutto di sognare.

Ed è così sull’onda dell’evocazione, che è andata in scena, il 16 marzo al teatro Leonardo di Milano, una replica straordinaria dell’ultimo lavoro dell’importante e sempre appassionato ed istrionico attore milanese, Don Chichotte appunto, ed è stato subito pienone di pubblico.

Sul palco, al posto di Ronzinante il cavallo di Don Chichotte, un aeroplano bianco, forse simbolo dei tempi che cambiano, tanti libri aperti a terra e poi il protagonista, armato di microfono che attraverso l’evocazione un po’ Don Chichotte e un po’ narrando altre storie e altri pensieri ci dona una bella lezione sulla libertà della follia e della partecipazione perché come racconta il protagonista: “La vera bellezza sta nella perfezione dell’imperfezione e come disse quel tale che odiava gli indifferenti, il vero male della società è appunto l’indifferenza in tutte le sue forme”.

La vita di Don Chichotte viene quindi intercalata nella narrazione anche dalla lettura di un diario dove l’attore appassiona il pubblico in una sorta di monologo anche molto personale dove alla fine spiega lui stesso come l’amore per il teatro, come quello verso la conoscenza fossero un folle sogno che alla fine si sono realizzati e che quindi come sia importante, anzi vitale inseguire i propri sogni quasi un po’ come fa Don Chichotte che li insegue fino alla follia maniacale, fino alla morte.

La rappresentazione della durata di un’ora è un flusso di pensieri appassionati accompagnati in apertura dalle musiche di Paolo Conte sempre grande evocatore di sogni, incantesimi e illusioni. Spettacolo da non perdere che rappresenta: “Una dedica a tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento. Ai pazzi per amore, ai visionari, ai poeti del quotidiano, a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.

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