[oblo_image id=”1″] Ottava giornata del campionato di serie A, in una tranquillo pomeriggio d’autunno e in una cornice che, come ogni domenica, accoglie festosamente i protagonisti degli incontri calcistici anche se, cio’ che conta in questa chiacchierata non saranno i risultati o le prove di ciascuno di essi. Due squadre dalla blasonata storia e dal prestigio internazionale rendono omaggio ad un calciatore, forse sconosciuto ai piu’ giovani, autore di una grande carriera e costellata da ben tre scudetti. Minuto di silenzio e lutto al braccio per il Bologna, divisa di gioco nera per la Juventus e ovvio minuto di silenzio, il tutto per celebrare un grande campione rimasto impresso nelle menti e nei cuori dei meno giovani; stiamo parlando del teutonico Helmut Haller da Augsburg (Germania Ovest BRD) spentosi l’11 ottobre 2012 all’eta’ di 73 anni dopo una lunga malattia di morbo di Parkinsons e dopo aver sofferto anni prima di seri attacchi cardiaci a ripetizione. Anche la Nazionale tedesca ha reso omaggio durante la partita di qualificazione ai Mondiali di Rio in Brasile vinta a Dublino contro l’Irlanda. Nato il 21 luglio del 1939 appunto ad Augsbung in piena ascesa nella Germania hitleriana, poco meno che ventenne in un dopoguerra disastroso dilaniato dalla separazione delle due Germanie e poco piu’ che ragazzo, inizia la professione di camionista non disdegnando pero’ la sua passione di sempre e cioe’ il pallone.
Anche nei suoi primi anni da calciatore professionista continuera’ il suo vecchio lavoro, ma successivamente il futuro gli riservera’ ben altre soddisfazioni. Il suo ruolo era quello di trequartista o playmaker chiamatelo come volete, ma indubbiamente fu un genio a volte incompreso e di carattere estremamente estroverso, come quando, rispettando la sua volonta’ di amante della vita notturna, nel marzo del 1972, durante la militanza nella Juventus, fu escluso dalla squadra titolare prima di un derby (poi perso) dal dirigente Italo Allodi come conseguenza di una serata in un night di Wolverhampton, dopo una gara di Coppa UEFA.
Ma non furono di questi episodi ad oscurare la sua carriera calcistica che alzi fu splendida con tre scudetti vinti in altrettanti contesti appassionanti, svoltasi quasi interamente in Italia e costellata da successi importanti. L’Helmut all’epoca, bolognese, era arrivato nella citta’ felsinea qualche anni prima, voluto fortissimamente da Fulvio Bernardini, all’epoca giovane allenatore emergente, che lo apprezzo’ particolarmente per la sua fantasia in campo e i suoi assist per gli attaccanti, ma anche notevoli erano le sue capacita’ di dribbling, finalizzazione e carisma nello spronare la squadra. Il suo ruolo si distingueva tra ala e trequartista (come si direbbe oggi, un ottimo rifinitore forse un po’ Vucinic un po’ Pirlo) e a Bologna lo ricordano ancora adesso tra gli artefici dello storico scudetto del 1964 dopo lo spareggio memorabile contro l’Inter e lo posano sicuramente come uno di quelli capaci di fare la differenza in campo, un giocatore di un’altra categoria insomma. Diceva di lui Fulvio Bernardini, che lo allenò al Bologna: «Era capace di creare possibilità eccezionali, inventare passaggi stupendi per un compagno che gli andava a genio». Durante la sua militanza juventina, invece, da centrale che occupo’ per la maggior parte della sua carriera, fu spostato a destra dall’allenatore Čestmír Vycpÿa1lek (di fama indiscussa e titolato, zio del meno famoso Zdenek Zeman che sicuramente non avrebbe apprezzato appieno le sue doti) durante la militanza nella Juventus, andando formare un valido trio di centrocampisti offensivi con Causio e il mancino Cuccureddu.
Analizzando ora le fasi salienti della sua carriera, si nota come Haller iniziò nelle giovanili dell’Augusta o Augsbung, la squadra della sua citta’ natale e approdò in prima squadra nel 1957; qui vi restò per cinque anni, fino al 1962, quando venne segnalato al Bologna dall’ex calciatore rossoblù Raffaele Sansone; fu lo stesso storico presidente Dall’Ara (a cui e’ dedicato oggi lo stadio bolognese) a recarsi in Germania per portare a termine le trattative, avendolo ritenuto più completo di Omar Sivori: «Vale tre volte Sívori, perché Sívori ha il sinistro, Haller ha due piedi. E poi ha un presidente come me» (questo il lapidario commento). Il suo acquistò costò 750.000 marchi, Haller si rivelò utile al gioco offensivo dell’allenatore Bernardini per la bravura nel lavoro di rifinitura per gli attaccanti Pascutti e Nielsen; quest’ultimo, durante la militanza di Haller in rossoblù, vinse per due stagioni consecutive (1962-1963 e 1964-1964) il titolo di capocannoniere. In sei anni passati nelle file della società felsinea disputò quasi 200 partite, mettendo a segno 48 goal; nel 1964 il Bologna vinse davanti all’Inter il suo primo ed unico scudetto (1964) del dopoguerra, cui Haller contribuì con 7 reti. Negli anni successivi il Bologna declinò e l’intesa tra Haller e Nielsen venne meno, anche a causa di contrasti personali tra i due attaccanti.
Nel 1968 passò alla Juventus, nell’ambito di un’ambiziosa campagna acquisti voluta dal presidente Catella; si rivelo’ preziosissimo per la squadra e da regista offensivo, dedicò il suo lavoro di rifinitura ad Anastasi e Bettega. Con la squadra bianconera vinse altri due scudetti (1972 e 1973) e disputò la finale di Coppa delle Fiere 1970-1971 (persa col Leeds per la regola dei gol in trasferta), e quella di Coppa dei Campioni 1972-1973, persa a Belgrado contro l’Ajax di Johan Cruijff grazie ad un goal fulmineo di Rep, nella quale il tedesco subentrò a Bettega al 49′ ma purtroppo fu poco incisivo come del resto tutta la squadra in quell’occasione importante. Al termine della stagione, forse per una sensazione di appagamento, fece ritorno in Germania. Ripartì così dall’Augsburg restandovi fino al ritiro, avvenuto nel 1979, fatta eccezione per una piccola parentesi con il Schwenningen tra il 1976 e il 1978, senza pero’ incidere in maniera determinante come fece nel suo recente passato italiano.
In Nazionale invece, fece il suo debutto internazionale a 19 anni nel 1958 e nel 1962 prende parte al suo primo Mondiale, che quell’anno si giocava in Cile; la Gemania Ovest passò il girone battendo Italia, Cile e Svizzera (evidenziando quasi per caso il nostro pessimo mondiale che non sara’ l’unico) , ma venne eliminata ai quarti di finale dalla Jugoslavia. Quattro anni dopo la Germania Ovest si presentò al Mondiale di Inghilterra 1966 con il centrocampo formato da Haller, Overath e Beckenbauer e riuscì a raggiungere la finale contro i padroni di casa dell’Inghilterra; la partita terminò 4-2 per l’Inghilterra, ma Haller segnò la prima rete dell’incontro e, con i suoi sei goal totali, arrivò secondo nella classifica marcatori dietro ad Eusebio. Il tutto, mentre il calcio nostrano incappava in quella che sarebbe stata una delle disfatte piu’ ecclatanti della storia della nostra nazionale (eliminazione ad opera della Corea del Nord) e, soprattutto, con la convinzione che forse di peggio non si sarebbe potuto fare. Il nostro Helmut venne convocato anche per Messico 1970, ma a causa di problemi fisici giocò solo una partita durante il primo turno contro il Marocco, dove venne sostituito da Grabowski; la Germania Ovest concluse il torneo con un onorevole terzo posto dopo il memorabile incontro giocato e perso contro l’Italia per 4-3. In totale ha giocato 33 partite in Nazionale, segnando 13 reti. A proposito, come tradizione di famiglia, suo nipote, Christian Hochstatter, ha giocato per il Borussia Monchengladbach e per la Nazionale tedesca occidentale evidenziando come il carattere forte sia proprio una costante di famiglia.
Forse nel calcio moderno, quello fatto non solo di soldi facili e straripanti, di numerazione diversa o di mass media e gossip devastanti sulla propria personalita’, Haller si sarebbe ben distinto nonostante il numero quasi impressionante di stranieri presenti nel nostro campionato e la quasi totale perdita di romanticismo calcistico, affermandosi e districandosi nella giungla dei tatticismi esasperati e delle marcature complicatissime, come genio sregolato e fuoriclasse dalle doti immense. Ciao Helmut

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